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Stare sulla terra vuol dire stare sotto il cielo
“Cristianità in cammino” significa aspirazione a realizzare la “Città di Dio” sulla terra. Mentre l'architettura paleocristiana rappresentava l'uomo ripiegato su se stesso alla ricerca di Dio, l'architettura romanica era la creazione dell'uomo che voleva portare Dio sulla terra. Per raggiungere questo scopo, egli doveva anzitutto prefiggersi di informare la società civile ai principî divini di condotta secondo la concezione agostiniana della Chiesa cristiana e della sua missione, che è una concezione essenzialmente sociale e dinamica: la Chiesa deve permeare dei suoi principî lo Stato.
L'architettura romanica comprova le parole di Heidegger: “stare sulla terra significa stare sotto il cielo”. L'integrazione dei simboli antichi di direzione orizzontale e verticalità nelle chiese romaniche è perciò profondamente significativa.
Per la prima volta nella storia Dio accompagna l'uomo nel suo pellegrinaggio. Egli non è più una meta distante, ma è continuamente presente nelle aspirazioni umane, rappresentate dalla direzione verticale che impronta l'edificio. I membri verticali del muro romanico non sono elementi antropomorfici che sostengono un peso, ma sono la manifestazione di una direzione simbolica.
L'opera della Chiesa nel mondo non si manifestava solo attraverso ierofanie, come le apparizioni dei santi locali, ma soprattutto attraverso l'istituzione di un “ordine” fondato sui valori cristiani. [...] Durante il Medioevo l'Europa fu educata da 40.000 monasteri benedettini, dove i monaci vivevano un'esistenza basata sull'obbedienza, l'autodisciplina, la preghiera e il lavoro. I monasteri non erano un rifugio, ma il mondo stesso, e la loro esperienza avveniva dall'interno verso l'esterno. I monasteri e le loro chiese rendevano visibile la Città di Dio, conservavano le manifestazioni divine e le facevano entrare nella storia. La stabilitas loci è quindi alla base della civiltà medioevale. Trovare una sede, significava prima di tutto definire dei limiti e procurarsi un sostegno.
Perciò l'architettura romanica combina lo spazio spiritualizzato con la sua contraddizione apparente: la solidità massiccia. L'effetto poderoso degli edifici romanici è dovuto proprio al ritorno a un concetto pre-antropomorfico di massa e di proporzione e l'articolazione romanica non tende mai alla creazione di un muro “scheletrico” che sia fine a se stesso. Lo scheletro è sempre secondario alla massa primaria.
L'immagine ambientale dell'uomo romanico può essere perciò definita come un sistema di “luoghi protetti”: all'interno, protetti dall'esperienza dell'esistenza di Dio, all'esterno, dalla chiusura simbolica e dalla solidità.
[...] Secondo la fede cristiana, la vita interiore dell'uomo non può essre intesa come un'astrazione di fenomeni naturali e sociali. I principî divini di condotta, che si accentrano nel concetto di “amore”, sono rivelati all'uomo. Ma la verità rivelata ha bisogno di essere resa visibile e concretizzata allo stesso modo della verità empirica. La funzione dell'arte come concretizzazione della verità fu compresa dai filosofi medievali. Secondo Giovanni Duns Scoto l'opera d'arte appartiene ai “materialia” che possono rappresentare gli "immaterialia”.
L'architettura romanica dà agli immaterialia una dimora sicura sulla terra; adempie alla promessa delle chiese paleocristiane, e prepara la visione celeste della cattedrale gotica. Nella cattedrale romanica, Dio è ancora oggetto di aspirazione. Egli è il “Rex tremendae majestatis”. Nell'architettura gotica, è ormai sceso ad abitare nella sua casa e la trasforma dal di dentro con la sua luce divina.
(Christian Norberg-Schulz, Il significato nell'architettura occidentale, Electa, Milano 1974)
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