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Di seguito la trascrizione di parte del – al solito densissimo – intervento del prof. Barzaghi La dialettica morbida: lo sguardo anagogico nelle terzine dantesche, tenuto in occasione di un convegno a maggio 2021



[...]


così vedi le cose contingenti

anzi che sieno in sé, mirando il punto

a cui tutti li tempi son presenti;


“La contingenza, che fuor del quaderno

de la vostra matera non si stende,

tutta è dipinta nel cospetto etterno


necessità però quindi non prende

se non come dal viso in che si specchia

nave che per torrente giù discende


(Dante, Paradiso, XVII, 18)



[...] Ma se tutto il tempo nella sua scorrevolezza è determinato nella densità della simultaneità dell'eterno, allora la scienza di Dio determinerà il nostro futuro contingente, quel che avverrà? Dante dice che non c'è necessità, tanto quanto il movimento di una nave che discende un torrente non dipende - non è necessitata - dallo sguardo di chi la osserva.

Ma che cos'è allora questa necessità che non viene imposta, in quanto è dentro lo sguardo di Dio?

Quando noi pensiamo alla necessità è vero che pensiamo alla costrizione, “necessario“ per noi è un mezzo che è indispensabile per ottenere un effetto, e quindi siamo costretti a passare attraverso questo mezzo, oppure necessario è una costrizione dovuta alla caratteristiche intrinseche di una struttura. Però, se uno va a vedere l'etimologia, “necessario“ non ha nulla a che vedere con la costrizione, anzi dice una fattualità, necessario, nec-cessat, non cessa... perché? Perché non cessa. È costretto? No, semplicemente non cessa, non è una costrizione, è una pura diagnosi [...] Allora cos'è questa necessità che non viene imposta in quanto è dentro lo sguardo di Dio – questa eternità puntuale in cui tutti gli istanti del tempo si condensano?

È il non-cessare. In quello sguardo tutto è salvato.


Allora il momento dialettico delle immagini dantesche significa proprio questo: il nostro punto di vista temporale, successivo, nel quale il tempo sembra mostrare la propria capacità di sgretolare (Crono che mangia i propri figli), da un punto di vista metafisico introdotto dalla fede cristiana rappresenta invece il momento di solidità del tutto senza costrizione. E questa è l'idea di serenità che si trova nello sguardo immaginifico di Dante, sotto l'insegnamento della dottrina molto positiva di Tommaso d'Aquino. Non esiste un contrasto tra l'esperienza e il dettato della ragione perché il dettato della ragione è il massimo della diagnosi di positività dell'esperienza, e questo va a toccare il senso della fede cristiana.

Il senso della fede cristiana non è mai il senso relativo alla catastrofe. Non c'è l'idea di catastrofe. È vero che l'idea del mondo come creatura di Dio è l'idea dell'essere il mondo tratto dal nulla, ma non c'è una revertibilità in nihilum (Sant'Alberto Magno, Bonaventura, San Tommaso) – le creature non sono destinate ad annullarsi. Quindi se non sono destinate ad annullarsi il destino del mondo creato da Dio è manifestare la propria immagine nello sguardo eterno di Dio. Questo è il Paradiso. E il destino del mondo è mostrare la propria immagine nello sguardo eterno di Dio. E quest'immagine è appunto un intra-vedere nel mondo già la sua dimensione di redenzione (mundus reconciliatus Ecclesia, quel che noi chiamiamo Chiesa è ”il mondo riconciliato”), quest'idea è una visione diafanica. S.Tommaso quando parla del Paradiso dice che è una diafania di Dio [...]



È di oggi la notizia della (prevedibile) riduzione allo stato laicale di don Alessandro Minutella da parte della Congregazione per la dottrina della Fede. Del cosmo cosiddetto “tradizionalista” in seno alla Chiesa Cattolica (come se al Depositum Fidei, alla Verità custodita dal Magistero, si potessero mai applicare le declinazioni in vigore in politica, progressismo-conservazione, destra-sinistra ecc...), assieme alle sue singolari teorie per cui, ad esempio, Benedetto XVI avrebbe unicamente “finto” di rinunciare al soglio petrino (ingannando, ciò che è improbabile, tutto il popolo cattolico - come vorrebbe Antonio Socci), non meno che pratiche (a dir poco acrobatiche) per cui si potrebbe scegliere in (com)unione di quale Papa celebrare la Santa Messa (Minutella e seguaci celebrano “Una cum Benedictus Decimus Sextus“, ignorando che Benedetto XVI la celebra a sua volta, a tutt'oggi, ”Una cum Franciscus” – del cosmo cosiddetto “tradizionalista”, dicevo, è lecito pensare si tratti del solito gemello siamese speculare e opposto (come previsto dalle usuali fumisterie diaboliche degli sdoppiamenti, delle divisioni) al cosmo cosiddetto “modernista”, che dopo secoli di assedio parrebbe aver finalmente espugnato, con la Santa Sede, anche la Sposa di Cristo. Infatti, come ricordato da padre Francesco Maria Marino «tale punto di vista è in contrasto con lo stesso Depositum Fidei, come ribadito da Benedetto XVI nel suo commento al Canone Romano (2006), secondo cui “Non può dirsi in comunione con Cristo chi non è in comunione con il papa”». E il papa è Francesco. Una frase attribuita a san Vincenzo da Lerino, o a san Vincenzo Pallotti, dice che “Ci sono papi che Dio dona, papi che Dio tollera e papi che Dio infligge.” Dunque non è lo Spirito Santo all'opera nel conclave? Non è Lui a scegliere il Papa? È lui se i cardinali lo lasciano fare e scegliere un Papa che piace a Lui, sono (solo) loro, invece, se i cardinali usano della propria libertà per eleggere un pontefice che piace (solo) agli uomini...



[...] Che cos’è questa differenza tra il Cattolicesimo e il Protestantesimo? C’è un bel capitolo del libro di Davies (vedi qui, qui e qui) sulla riforma liturgica anglicana intitolato “Cattolicesimo, religione dell’incarnazione”. E prendo da questo capitolo una citazione del grande Newman. Il Cardinal Newman a un certo punto dice che se gli avessero domandato di scegliere una dottrina come base della nostra fede, avrebbe risposto: «Io direi che, per quanto mi riguarda, l’Incarnazione è al cuore del Cristianesimo», cioè che il Verbo si fa uomo, che Dio si fa uomo, «l’Incarnazione è al cuore del Cristianesimo. È di là che procedono tre aspetti essenziali del suo insegnamento: il sacramentale, il gerarchico e l’ascetico», tutte tre gli aspetti. Sarò brevissimo.

Discendono dall’Incarnazione i tre aspetti del Cristianesimo: sacramentale, gerarchico, ascetico [...] Il gerarchico: non possiamo essere dei rivoluzionari nella Chiesa, e dobbiamo riconoscere che la Chiesa è visibile e che ha una gerarchia, anche quando la gerarchia non esercita pienamente la sua autorità; noi siamo in una crisi così: ci sono vescovi che non fanno i vescovi, ci sono preti che non fanno i preti, ci può essere il Papa che non sempre esercita con coraggio il mandato petrino, ma nonostante questo occorre riconoscere l’aspetto gerarchico. Come anche bisogna riconoscere l’aspetto ascetico: non è perché la Chiesa è in crisi che io non debba farmi santo, che io non debba rinunciare al peccato, e non debba domandare la grazia di una vera conversione, e lavorare faticando, perché questa conversione avvenga in me, soprattutto in me, oltre a pregare perché avvenga negli altri e nella Chiesa tutta. Stiamo attenti allora a non ridurre in senso protestantico la lotta per la Tradizione, a non essere i protestanti della Tradizione.


No, noi riconosciamo che l’Incarnazione è il dogma fondamentale e che da questo discendono i tre aspetti: sacramentale, gerarchico e ascetico. Per essere cattolici è necessario che questi tre aspetti siano presenti. Questo non vuol dire non denunciare la crisi. Si denuncia la crisi del sacramentale, quando i sacramenti sono contraffatti e non si lavora perché le persone li ricevano secondo le condizioni che portano frutto. Si denuncia la crisi della gerarchia dove chi ha un posto di comando come pastore non lo esercita o si assoggetta alla cultura dominante (e questo è drammatico!). Di fronte al lassismo, per cui c’è la crisi dell’aspetto ascetico, noi non possiamo rifugiarci in una chiesa spirituale. La Chiesa è una sola ed è quella che vediamo! Tutto ciò dipende dall’Incarnazione, ma è questo che ci fa cattolici. I cattolici non possono fuggire dal visibile, dall’incontrabile, da un’obbedienza evidente alla Chiesa. Stiamo attenti, perché il Protestantesimo combattuto, uscito dalla porta, rientra dalla finestra, se non vigiliamo. Tutto questo può aprire mille domande, può far soffrire, ma a ciò non possiamo rinunciare, perché così rinunceremmo al Cattolicesimo stesso. Pensiamoci bene, facciamoci guidare da Maria Santissima in questa vigilanza. Sia lodato Gesù Cristo!



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