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Follia è abbandonare Cristo (il malato volontario nel “Dostoevskij” di Raymond Carver)

Nel 1982 il regista Michael Cimino commissionò allo scrittore americano Raymond Carver la sceneggiatura per un film sulla vita di Dostoevskij – sceneggiatura che fu al centro di contrastate vicende giudiziarie tanto da esser ritirata dal commercio in tutto il mondo. Nella scena riportata di seguito il celebre scrittore russo, un anno prima della sua morte nel 1880, fa visita a un paziente in un “ospedale per i malati di mente”, a San Pietroburgo...

Int. Ospedale. Pomeriggio.

 

Una quarantina di letti in fila lungo i due lati dell’enorme corsia. Sopra di essi incombe il soffitto a volta. Lungo un lato della corsia ci sono profonde finestrelle di taglio antico, sezionate da sbarre orizzontali e verticali.

Dostoevskij percorre rapidamente la doppia fila di letti dove i pazienti giacciono in uno strano silenzio, tesi per la curiosità del suo arrivo. In un angolo in fondo alla corsia un giovane magro in modo pietoso siede sul letto, con in mano un fascicolo coi fogli pieni di orecchie. Gušev accoglie il suo visitatore senza un’ombra di calore o di entusiasmo. Dostoevkij posa la scatola sul letto. Gušev cerca di sorridere ma ha gli occhi inespressivi, remoti.

 

 

Dostoevskij: Ti ho portato qualche focaccia con le uvette, viene da un buon forno. Come ti senti oggi, Gušev?

 

Gušev: Meglio, sì, oggi sto meglio.

 

Dostoevskij: non ti sorprendere se ti sono venuto a trovare.

 

Gušev non lo guarda quasi. Passa la mano sulla scatola quindi apre il coperchio e guarda dentro.

 

Dostoevskij (continuando): Ho riletto le tue lettere. Ci ho trovato qualcosa che m’interessa moltissimo. È qualcosa che non avevo notato quando venivi a trovarmi a casa.

 

Gušev respinge la scatola. Prende dal letto una coperta e se la drappeggia sulle spalle. Poi ci si avvolge completamente. Dostoevskij si siede sul letto accanto a Gušev.

 

Dostoevskij (continuando): ci sono molte cose nella tua malattia, in questa tua condizione attuale, che ho sperimentato anch’io…cose che a volte provo ancora. È uno dei tuoi tratti che m’interessano. Come dire? È come se avessi una personalità scissa. Due personalità. Tu e l’altro te. È una condizione che mi è moto familiare. Ci convivo da tutta la vita… L’ultima volta che ci siamo incontrati mi hai detto che ti eri reso conto con molta chiarezza del momento in cui le tue facoltà raziocinanti erano venute meno…

 

Dostoevskij guarda intensamente Gušev. Gušev giocherella col bordo della coperta.

 

Dostoevskij (continuando): Cos’è che senti quando ti succede?

 

Gušev rimane in silenzio per un po’.

 

Gušev: Ho paura.

 

Dostoevskij: Paura di morire?

 

Gušev: No

 

Dostoevskij: Paura di vivere?

 

Gušev alza le spalle.

 

Dostoevskij (continuando): Di che hai paura?

 

Gli occhi di Gušev hanno vagato fino al soffitto e ora si spostano verso una delle finestre.

 

Gušev (a voce bassa): Del nulla. Del nulla. Ecco di che ho paura. Del nulla.

 

Dostoevskij continua a incalzarlo con un crescendo di eccitazione.

 

Dostoevskij: Un abisso scuro, che ti attira… Si, ecco cos’è! Due anni sono stato sull’orlo della follia, quando avevo la tua età. Lo sai perché? Avevo abbandonato Cristo…

 

Gušev: Io non ho abbandonato Cristo.

 

Poi, seccamente:

 

Gušev (continuando): Che cosa volete? Perché siete venuto qui? Per la mia storia clinica? Volete sezionarmi e mettermi in un libro?

 

Dostoevskij: Gušev. (Posa una mano sulla spalla di Gušev.) Sono sicuro che andrà tutto bene. Uscirai presto.

 

Gušev salta in piedi, gettando via la coperta.

 

Gušev: E se non volessi uscire? E se questo posto mi piacesse? Io qui sto bene. Non vi immischiate! Non voglio uscire…

 

Tre infermieri si precipitano mentre le grida di Gušev diventano sempre più forti. Lui salta da un letto all’altro, costringendo gli altri pazienti a rannichiarsi in preda al panico.

 

Gušev (continuando): Quest’uomo è venuto qui per uccidermi! Vuole rinchiudermi in un libro. Io qui sto bene. Sto bene! E poi arriva lui e…

 

Si dibatte fra le braccia degli infermieri. Uno di loro abbatte il pugno sul cranio di Gušev, ma questi non cede. L’infermiere lo percuote ancora, e poi ancora, mentre gli altri lo costringono a terra e gli infilano una camicia di forza.

 

Gušev (continuando): Io qui sto bene… non voglio… mi rifiuto…

 

Gušev grida mentre la figura scura di Dostoevkij si allontana lungo la corsia.

La scatola con le focacce è finita in terra. Le focacce si sono sparse dappertutto e sono state calpestate.

 

 

(Raymond Carver – Tess Gallagher, Dostoevskij. Una sceneggiatura, Minimum Fax, Roma 1998, pp. 20-21)

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