G. Barzaghi OP | Tempo ed eternità nel Paradiso di Dante (XVII,18)
- Giuseppe Barzaghi OP
- 20 dic 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 29 gen 2022
Di seguito la trascrizione di parte del – al solito densissimo – intervento del prof. Barzaghi La dialettica morbida: lo sguardo anagogico nelle terzine dantesche, tenuto in occasione di un convegno a maggio 2021

[...]
così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando il punto
a cui tutti li tempi son presenti;
“La contingenza, che fuor del quaderno
de la vostra matera non si stende,
tutta è dipinta nel cospetto etterno
necessità però quindi non prende
se non come dal viso in che si specchia
nave che per torrente giù discende
(Dante, Paradiso, XVII, 18)
[...] Ma se tutto il tempo nella sua scorrevolezza è determinato nella densità della simultaneità dell'eterno, allora la scienza di Dio determinerà il nostro futuro contingente, quel che avverrà? Dante dice che non c'è necessità, tanto quanto il movimento di una nave che discende un torrente non dipende - non è necessitata - dallo sguardo di chi la osserva.
Ma che cos'è allora questa necessità che non viene imposta, in quanto è dentro lo sguardo di Dio?
Quando noi pensiamo alla necessità è vero che pensiamo alla costrizione, “necessario“ per noi è un mezzo che è indispensabile per ottenere un effetto, e quindi siamo costretti a passare attraverso questo mezzo, oppure necessario è una costrizione dovuta alla caratteristiche intrinseche di una struttura. Però, se uno va a vedere l'etimologia, “necessario“ non ha nulla a che vedere con la costrizione, anzi dice una fattualità, necessario, nec-cessat, non cessa... perché? Perché non cessa. È costretto? No, semplicemente non cessa, non è una costrizione, è una pura diagnosi [...] Allora cos'è questa necessità che non viene imposta in quanto è dentro lo sguardo di Dio – questa eternità puntuale in cui tutti gli istanti del tempo si condensano?
È il non-cessare. In quello sguardo tutto è salvato.
Allora il momento dialettico delle immagini dantesche significa proprio questo: il nostro punto di vista temporale, successivo, nel quale il tempo sembra mostrare la propria capacità di sgretolare (Crono che mangia i propri figli), da un punto di vista metafisico introdotto dalla fede cristiana rappresenta invece il momento di solidità del tutto senza costrizione. E questa è l'idea di serenità che si trova nello sguardo immaginifico di Dante, sotto l'insegnamento della dottrina molto positiva di Tommaso d'Aquino. Non esiste un contrasto tra l'esperienza e il dettato della ragione perché il dettato della ragione è il massimo della diagnosi di positività dell'esperienza, e questo va a toccare il senso della fede cristiana.
Il senso della fede cristiana non è mai il senso relativo alla catastrofe. Non c'è l'idea di catastrofe. È vero che l'idea del mondo come creatura di Dio è l'idea dell'essere il mondo tratto dal nulla, ma non c'è una revertibilità in nihilum (Sant'Alberto Magno, Bonaventura, San Tommaso) – le creature non sono destinate ad annullarsi. Quindi se non sono destinate ad annullarsi il destino del mondo creato da Dio è manifestare la propria immagine nello sguardo eterno di Dio. Questo è il Paradiso. E il destino del mondo è mostrare la propria immagine nello sguardo eterno di Dio. E quest'immagine è appunto un intra-vedere nel mondo già la sua dimensione di redenzione (mundus reconciliatus Ecclesia, quel che noi chiamiamo Chiesa è ”il mondo riconciliato”), quest'idea è una visione diafanica. S.Tommaso quando parla del Paradiso dice che è una diafania di Dio [...]
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