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L'esatta dinamica della morte di Aldo Moro

Aggiornamento: 17 mar

(pubblichiamo in esclusiva il capitolo Morte di Aldo Moro dal libro Roberto Bigini, Fatta di terra, rivestita di Cielo. Storia della mistica Antonietta De Vitis, Congedo Editore, Lecce 2024, pp. 153-154)




Ma è un anno terribile per il Pontefice (oltre a essere anche l’ultimo, morirà in agosto), soprattutto per la perdita di un «amico di studi e fratello di fede», come scriverà in una lettera ai suoi rapitori chiedendone il rilascio, l’onorevole Aldo Moro, originario di Maglie (a pochi chilometri da Nociglia) e assassinato dalle Brigate rosse il 9 maggio dopo 55 giorni di prigionia. Alcuni giorni dopo il ritrovamento del corpo, Antonietta viene informata dell’esatta dinamica della morte dello statista, c’è un proiettile in più, quello con cui la sera precedente lo statista era stato ferito a un polmone a lasciato agonizzante fino a mattina, quando la sentenza di morte, come vuole la ricostruzione, sarebbe stata ufficialmente ed interamente eseguita. La De Vitis ha questa visione mistica: «17 Maggio 1978. Mercoledì ore 2,35. Mentre sono raccolta in preghiera, viene la Mammina Celeste che mi esorta a pregare per tanta cattiveria che si trova tra i suoi figli e mi porta in un sotterraneo profondo come un pozzo in cui si scende, e vedo catene pesanti come quelle che si mettono alle macchine quando c’è molta neve per terra, mitra, pistole, tanti proiettili e mi dice che lì era stato nascosto Aldo Moro, lo statista, il quale era stato un martire e aveva sofferto molto: fame, paura e tormenti indicibili legato con quelle catene; mi dice che era stato ferito con un proiettile la sera dell’otto maggio ore 17,35, quando era venuta piangendo fortemente, esortandomi a pregare, perché qualcosa di terribile stava succedendo! A quell’ora lo avevano colpito a un polmone, facendolo agonizzare e soffrire atrocemente fino al mattino verso le 7,30 circa, quando lo avevano finito con numerosi colpi. Vedo tanto sangue… per tante strade e la Mamma Celeste, piangendo ancora mi dice: “Figlia mia, vedi quanto sangue di figli, quante vittime!”. Mi prega di scrivere quanto ho visto e sentito sul mio diario. ore 3,43». La visione mistica di Antonietta conferma i risultati dei nuovi accertamenti del ris disposti dalla

Commissione Moro 2 nel 2019 secondo cui furono 12, e non 11, i colpi d’arma da fuoco che uccisero Moro: «Una semplice radiografia avvenuta sul cadavere del politico avrebbe accertato la presenza del proiettile», scrivono Giuseppe Fioroni, medico ed ex parlamentare democristiano e Maria Antonietta Calabrò, giornalista, «peccato che il referto dell’esame – che fu eseguito post mortem dopo il ritrovamento del corpo – non risulta più agli atti»; dunque lo statista non morì sul colpo come dichiarato dai brigatisti, prova ne è «un rivolo di saliva, individuato sul bavero della giacca di Moro, che sarebbe stato espettorato quando il politico era ancora in vita dopo esser stato colpito dai proiettili»; infatti «alle 19 del 9 maggio, come stabilito sempre dal ris, si osserva in realtà che il rigor mortis non è ancora completo», ergo «Moro potrebbe aver dovuto patire una lunga agonia» 259.


 

259 «I brigatisti hanno sempre affermato che Moro morì sul colpo. Questo però non è assolutamente vero … Sul bavero sinistro della giacca di Moro il ris (il reparto di Investigazioni Scientifiche) dei Carabinieri ha trovato una ‘particolarità’, ha detto il comandante, colonnello Luigi Ripani nella sua audizione del 30 settembre 2015: lì c’è tutt’oggi traccia di un rigurgito di saliva , che la vittima espettora ancora vivo». Moro «è stato colpito da dodici proiettili e non undici: otto calibro 7,65 estratti dal cadavere durante l’autopsia; due calibro 7,65, ritrovati tra la maglia intima e la camicia; due fuoriusciti dal corpo, perforando la giacca e la coperta […] Dodici colpi dunque, e non un dici come dichiarato dai brigatisti, visto che altrimenti esiste una assoluta discrepanza tra i fori di ingresso e i proiettili usciti o ritenuti. Se ne deduce che il dodicesimo colpo potrebbe trovarsi ancora nel corpo di Moro. Lo si sarebbe potuto accertare subito, semplicemente con un esame radiografico che al tempo del delitto fu realizzato, ma che - non si sa perché - non risulta più agli atti […] Secondo l’autopsia eseguita il 9 maggio 1978, e basata essenzialmente sul parametro del ‘rigor mortis’, Moro è morto almeno quindici minuti dopo che gli hanno sparato. Ma il ris, a seguito dei suoi ulteriori approfondimenti, è giunto alla conclusione che la morte è sopraggiunta sicuramente dopo una agonia molto lenta. Alle 19 di sera del 9 maggio quando inizia l’autopsia il rigor mortis non è ancora completo». Così «la narrativa della morte sul colpo è servita a celare la verità su come sono andati realmente i fatti […] Moro non è disteso nel cofano quando inizia a essere colpito, perché - è un fatto certo - i colpi arrivano non dall’alto verso il basso, come sarebbe avvenuto in quel caso, ma al contrario dal basso verso l’alto. Tanto da far pensare che l’esecuzione possa addirittura essere cominciata quando lui era in piedi» (cfr. Maria Antonietta Calabrò-Giuseppe Fioroni, Moro. Il caso non è chiuso. La verità non detta, Lindau, Torino 2019 e

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