«Siamo nel ’41. L’Italia perderà la guerra, il fascismo cadrà». Il misterioso “monaco volante”
- Roberto Bigini
- 31 dic 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 13 feb 2022

I. “L'italia perderà la guerra, il fascismo cadrà“
«La prima volta che andai a San Giovanni Rotondo, nel 1941, padre Pio mi disse delle cose che ritenevo impossibili» mi raccontò il generale dell’aeronautica Bernardo Rosini. «Per nessuna ragione al mondo avrei potuto immaginare che potessero diventare realtà. Invece, accadde tutto come lui aveva previsto. Ero giovane, avevo trovato un buon posto di lavoro nell’apparato governativo, mi ero sposato. Ero tranquillo, ma il Padre, appena mi vide, mi disse: “Caro giovanotto, se vuoi continuare ad avere un lavoro, devi lasciare il posto che occupi”. Quell’affermazione mi sbalordì. La contestai immediatamente con un certo calore. Consideravo il posto che avevo conseguito una sistemazione ideale. Inoltre ero orgoglioso di me stesso perché avevo ottenuto quell’impiego con i miei meriti, senza alcuna raccomandazione, e non avevo voglia di rimettermi a fare concorsi. Feci quindi capire, a padre Pio, che non intendevo assolutamente accettare il suo consiglio. Allora il Padre, con una certezza sconcertante, disse: “Siamo nel ’41. L’Italia perderà la guerra, il fascismo cadrà e i posti di lavoro legati al governo non esisteranno più. Tu devi entrare nell’aeronautica”.

Quelle parole furono una doccia fredda. Mi sembrò che il buio più fitto scendesse non solo sul mio avvenire, ma anche su quello della nostra Patria. Allora noi italiani avevamo la certezza della vittoria. Non tanto per la forza del nostro esercito, ma perché i nostri alleati, i tedeschi, si erano impadroniti di buona parte dell’Europa centrale, avevano occupato la Polonia e la Francia, e le loro annate erano vittoriose anche sugli altri fronti. In quel momento era assurdo pensare che le parole di padre Pio avessero un senso. Ma poi i fatti gli diedero ragione. Naturalmente, seguii il suo consiglio. Entrai nell’esercito, vinsi un concorso e venni destinato alla Scuola di applicazione dell’aeronautica di Firenze. Nel 1944, in piena guerra, prestavo servizio militare presso l’aeroporto di Palese, vicino a Bari e un giorno fui salvato da morte sicura grazie a un intervento miracoloso di padre Pio. A Palese ci fu un attacco a sorpresa da parte di bombardieri americani. Provenivano dal mare ad altissima quota, e quindi non erano stati avvistati. Giunti sull’aeroporto, si buttarono giù in picchiata, sganciando decine di bombe. Sulla zona ci fu un pauroso inferno di fuoco. Tutti gli aerei italiani e tedeschi furono distrutti. Ci furono morti e feriti.

Io invocavo padre Pio chiedendogli di proteggermi. A un certo momento una granata scoppiò vicino a me e numerose schegge mi sfiorarono. Una mi passò sul volto cadendomi vicino. La raccolsi e per anni la conservai. Qualche giorno dopo andai a San Giovanni Rotondo per ringraziare padre Pio. Avevo deciso di fermarmi tre giorni. Ma trascorso questo tempo, poiché mi trovavo molto bene, andai dal Padre a dirgli che mi sarei fermato ancora un giorno. “No – rispose secco –, devi lasciare San Giovanni Rotondo oggi stesso”. Cercai di insistere, ma invano. Padre Pio andò in chiesa a confessare le donne, e io rimasi in sacrestia. Volevo attenderlo per ripetergli il mio desiderio di restare ancora un po’. In sacrestia incontrai un signore di Bologna che mi raccontò un fatto inquietante. “Padre Pio – mi disse – ha il dono di conoscere anche ciò che accade molto lontano. Quando arrivai quassù la prima volta, mi aggredì con queste parole: ‘Peccato che tu sia venuto proprio oggi. Devi tornare subito a Bologna perché tuo padre è morto’. Presi il primo treno e arrivai a casa un’ora prima dei funerali”. Mentre stavo ancora parlando con quel signore, padre Pio tornò in sacrestia. Vedendomi ancora lì, con tono imperioso disse: “Devi andartene subito”. Capii che non dovevo più insistere.
Feci il viaggio in uno stato ansioso, temendo qualche disgrazia. Arrivato a casa, a Offida, trovai che tutti stavano bene e non riuscivo a spiegarmi perché il Padre mi avesse mandato via con tanta insistenza. La risposta a quei miei interrogativi l’ebbi nei giorni successivi. La stazione ferroviaria di Foggia venne bombardata e completamente distrutta. Ci furono numerosi morti. Se avessi rimandato di un giorno la mia partenza da San Giovanni Rotondo mi sarei trovato in quell’inferno e non sarei potuto tornare a casa».
(Renzo Allegri, I miracoli di Padre Pio, pp. 262-264)
II. il frate volante, the flying monk
Il dr. Frank Rega, degli Stati Uniti, dedica un capitolo del suo libro "Padre Pio and America" al "flying monk", Padre Pio il "frate volante".
La storia del frate volante, come le persone di lingua inglese ricordano Padre Pio tra le nuvole che impedisce agli alleati di bombardare San Giovanni Rotondo, comincia con un po' di confusione. Norman Lewis, era uno scrittore inglese assegnato come ufficiale di spionaggio alla quinta armata americana stazionata a Napoli. Egli mantenne un diario, e l'entrata per il 29 marzo 1944, riporta: "A Pomigliano c'è un monaco volante che ha anche le stimmate. Il frate pretende che in una occasione l'anno scorso, quando era in corso un combattimento aereo egli si alzò nel cielo per afferrare nelle sue braccia il pilota di un aereo italiano che era stato colpito, portandolo sano e salvo a terra." Lewis aggiunge in una nota a piè di pagina, in cui dice che questo frate era "... il famoso Padre Pio." Egli scrisse il libro "Naples '44", pubblicato nel 1968. L'importanza di questa nota nel diario sta nel fatto che, accurata o meno, è l'unico racconto di Padre Pio come il frate volante, descritto contemporaneamente all'avvenimento, nel 1944. Rega conclude che in realtà la storia del monaco volante va ben oltre, ed include spettacolari e incredibili storie riportate da molte persone. (Rega, Padre Pio and America, 202).
Vari piloti dell’aviazione angloamericana di varie nazionalità (inglesi, americani, polacchi) e di diverse religioni (cattolici, ortodossi, musulmani, protestanti, ebrei) che durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre del 1943, si trovavano nella zona di Bari per compiere missioni in territorio italiano, furono testimoni di un fatto clamoroso. Ogni volta che nel compimento delle loro missioni militari si avvicinavano alla zona del Gargano, vicino a San Giovanni Rotondo, vedevano in cielo un frate che proibiva loro di sganciare lì le bombe. Foggia e quasi tutti i centri della Puglia furono più volte bombardati, ma sopra San Giovanni Rotondo non cadde nemmeno una bomba. Testimone diretto di questo evento fu il generale della forza aerea italiana, Bernardo Rosini che, allora, faceva parte del "Comando unità aerea" operante a Bari a fianco delle forze alleate. Il generale Rosini raccontò che tra di loro parlavano di questo frate che appariva in cielo e faceva sì che gli aerei tornassero indietro. Tutti ridevano increduli ascoltando quei racconti. Ma poiché l'episodio si ripeteva, e con piloti sempre diversi, il generale comandante decise di intervenire di persona. Prese il comando di una squadriglia di bombardieri per andare a distruggere un deposito di materiale bellico tedesco che era stato segnalato proprio a San Giovanni Rotondo. Eravamo tutti curiosi di conoscere il risultato di quell'operazione. Quando la squadriglia rientrò andammo subito a chiedere informazioni.Il generale americano era sconvolto.
Raccontò che, appena giunti nei pressi del bersaglio, lui e i suoi piloti avevano visto ergersi nel cielo la figura di un frate con le mani alzate. Le bombe si erano sganciate da sole, cadendo nei boschi, e gli aerei avevano fatto un’inversione di rotta, senza alcun intervento dei piloti''.
Tutti si chiedevano chi fosse quel fantasma cui gli aerei avevano misteriosamente obbedito. Qualcuno disse al generale comandante che a San Giovanni Rotondo viveva un frate con le stigmate, da tutti considerato un santo e che forse poteva essere proprio lui il dirottatore. Il generale era incredulo ma disse che, appena gli fosse stato possibile, voleva andare a controllare.
Dopo la guerra, il generale, accompagnato da alcuni piloti, si recò nel convento dei Cappuccini. Appena varcata la soglia della sacrestia, si trovò di fronte a vari frati, tra i quali riconobbe immediatamente quello che aveva fermato i suoi aerei. Padre Pio gli si fece incontro e, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: "Dunque sei tu quello che voleva farci fuori tutti”. Il generale si inginocchiò davanti a lui. Padre Pio aveva parlato, come al solito, in dialetto beneventano, ma il generale era convinto che il frate avesse parlato in inglese. I due divennero amici. Il generale, che era protestante, si convertì al cattolicesimo”. (Positio III/1, pp. 689-690) (Pena, 20)
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