top of page

Se dobbiamo credere alle rivelazioni mistiche di Natuzza Evolo per cui il sommo poeta Dante, per aver messo Papa Bonifacio VIII all’inferno nella sua Commedia, dovette scontare ben 300 anni di purgatorio (100, si potrebbe pensare, per ogni Persona della Trinità offesa)1, c'è da stare assai poco allegri per il clima "giustizialista" e persecutorio che nell'ultimo decennio sembra aver contagiato anche il popolo cattolico, complice la facilità di esposizione a cui i mezzi di comunicazione di massa, social in testa, ci hanno ormai abituato, disabituandoci così alla riflessione. "Presto dentro presto fuori", da motto di un celebre scrittore di racconti, sembra esser diventato il criterio di questi volenterosi avventurieri dell'identità digitale, che abbandonata ogni cristiana prudenza (abbiamo un'anima e un corpo da salvare), han fatto del numero di "impressioni" e del proprio livello di "popolarità" il Verbo, cercando, nella "conservazione-accrescimento" del proprio Io Digitale, di piacere più al mondo che a Dio. Va da sé infatti - in generale - che colpisce, attira e "piace" maggiormente una soggettività tutta engagé nella vita "attiva" che si manifesta, si distingue e si costituisce nel giudizio tranchant, che non quella "oblata", separata, orientata alla vita contemplativa e tutta raccolta nella riflessività, nella pensosità, in un'apparente immobilità. E cosa c'è di più engagé, interessante e tenebrosamente affascinante di un credente cattolico che, scandalizzato da un Papa controverso quanto si vuole, ma canonicamente legittimo, si fa iudex della prima Sedes facendosi egli stesso Dio, dato che solo Dio è - e può essere - al di sopra del suo Vicario in terra?2 Incorrendo così, per altro, nella scomunica latae sententiae?

Ma se il Signore ci ha comandato di non condannare (Misericordia io voglio e non sacrifici, Mt 9,13) – né Lui né il suo vicario né nessun'altro – non ci ha affatto sollevato dal pensare, dal "misurare", da quel retto giudicare il mondo senza il quale ci perderemmo (in quanto Logos, il Figlio è proprio Ragione e Giudizio, e anche di questo noi siamo immagine); al contrario ci ha comandato di farlo e anche con scaltrezza, imitando la "furbizia" dei figli di questo mondo, opportunamente ri-orientata al Cielo e al Regno di Dio3. In breve, si tratta di esercitare il giudizio secondo Dio e non quello di Dio stesso (a noi inattingibile ed esercitabile solo da Lui e, in subordine, dal magistero ex cathedra del Papa). Esercitare quest’ultimo non essendo il Papa, né evidentemente Dio, in una pretesa auto-sufficienza divina, è l’essenza stessa della disubbidienza. Piacerà agli uomini, ma non piace a Dio.

È una disobbedienza bicipite, che si nutre in un caso della superbia di "aver capito tutto e in forma definitiva", pensando di poter liquidare e riscrivere a piacere un magistero bimillenario (testa modernista), nell’altro caso si nutre di un’impazienza e di una latente disperazione, in definitiva di un sentimento di abbandono della Chiesa (nella tempesta) da parte di Dio (che apparentemente dorme) tale che questi cattolici troppo zelanti si ritengono autorizzati a "fare da sé". La risposta del Signore alle lamentele di questi ultimi - “Signore, non t’importa che periamo?” - rieccheggia da millenni inascoltata come un’amara diagnosi: "Non avete fede". Volete mettervi davanti a Me.

Dunque, per quanto si percepisca come forte – che sia per la Tradizione che crede di difendere con le unghie e con i denti, o per il Dio tutto Amore e niente Giudizio (senza croce) che va imposto a forza a ogni fedele – la sua resta una posizione debole, è sì un supersoggetto, poiché scavalca (super) continuamente Dio prendendone il posto (di fatto è una volontà di potenza, una volontà di volontà, una volontà che vuole solo se stessa), ma è debole perché – rifiutando le “strutture forti” dell’essere (le leggi naturali, proibizioni morali ecc) o rivendicandole in un’ottica rivalitaria contro il Pontefice di turno – ricasca nella sua stessa finitezza priva di redenzione, nel nulla di sé. Di qui l’indispensabile ricerca dell’agone pubblico che ne certifichi lo statuto e la venuta all’essere, giacché staziona e si muove costantemente nel niente.


Ora, come l’oltreuomo nietzscheano aveva il compito di portare a compimento la “trasvalutazione di tutti valori” con la sua volontà di potenza, così il supersoggetto, munito del suo supergiudizio, ha il compito di portare a compimento la madre di tutte le transizioni e rivoluzioni – dopo, tra le più recenti, quella energetica e sanitaria/digitale (transumanista) – l'ultima cronologicamente in cantiere, anche se logicamente antecedente, quella spirituale. Come abbiamo già accennato, la ricchezza e la creatività dell'invenzione diabolica ce ne propone due declinazioni, come spesso le capita, dialetticamente opposte: quella cosiddetta modernista, cioè un cattolicesimo adulto ed edonista, piena di un malinteso auto-compiacimento intellettuale e beato, ma solo di questa strana infinità amorosa e indifferenziata di cui si è fatto evangelizzatore, se non rieducatore (un cattolicesimo tanto "debole" di contenuti quanto forte e spietato nella sua imposizione ai fedeli come paradigma unico); e quella cosiddetta tradizionalista di coloro che gli si oppongono sul loro stesso terreno, scavalcando Dio nella contestazione della Sede petrina.

La prima, liquidando il Dio che sarebbe infinitamente di più e d'altro rispetto alle proibizioni del Vecchio Testamento (dimenticando che è stato il Signore stesso, nel Nuovo, a mettere in guardia circa il passaggio ultimo, nient’affatto scontato, dalla "porta stretta"), è tutta ripiegata su un malinteso concetto di amore (una strana misericordia che abolisce il concetto di giustizia trasformando Dio, di fatto, in un Dio ingiusto, che non punendo i cattivi, finisce per far torto ai buoni); viene qui in aiuto il pensiero di Gianni Vattimo, riavvicinatosi nell’ultimo periodo a questo cattolicesimo “debole”, che in un convegno con René Girard, alcuni anni fa, ebbe a dire: «"Solo un Dio ci potrà salvare" diceva Heidegger. Ma quale Dio? Il Dio della teologia naturale, delle leggi fisse, dei limiti insuperabili? Il Dio giudice che dovrebbe godere quando sarò all’inferno perché sono stato un po’ porcellone?», un Dio, cioè, secondo Vattimo, che dopo aver dato dei limiti all’agire umano (il “tu devi, non devi” del Decalogo per arginare lo scatenarsi della violenza su una vittima), adesso li toglierebbe perché la Buona Novella sarebbe stata ormai interiorizzata e l’uomo, per così dire, definitivamente immunizzato, qui, sulla terra, dal Male? Vattimo sembra crederlo e, un po’ scandalizzato, aggiunge: «Ma credete davvero a questo? Ma se questo è Dio, tenetevelo! Questo è proprio il dio che Gesù ha voluto smentire quando ha detto: "Non vi considero servi ma amici"; "Sarete con me nel mio regno"». Vattimo tuttavia dimentica di leggere la condizione di quest'amicizia: «"Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando"» (Gv 15,14), cioè se osservate i comandamenti del Padre mio; e la promessa di essere con lui nel suo regno non è data affatto da una specie di automatismo storico-progressivista, non è cioè indistintamente per tutti, bensì per tutti coloro che gli obbediscono, poiché «molti, vi dico, cercheranno di entrare per la porta stretta, ma non ci riusciranno»; ai più che si ostineranno a bussare il Signore dichiarerà non solo di non conoscerli: «Non vi conosco, non so di dove siete [...] Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!», ma anche che il luogo adatto alla loro condotta iniqua non è il suo regno ma «Là [dove] ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi» (Lc 13,24-30). Voi, cioè, che cacciate il Logos dell'amore in favore di un Logos della violenza travestito da amore, sarete dal vostro stesso giudizio espulsi dalla vita eterna in Paradiso.

La seconda che intende unicamente darle battaglia sul terreno di una soggettività opposta ma speculare, di nuovo, sul terreno assai poco santo della disobbedienza a Dio e della rivalità indomita di un Io che, nonostante le sue pur buone ragioni, non lascia fare a Dio. Ci si chiede se si può essere legati alla Tradizione di sempre ed essere insieme (divenuti) protestanti? I protestanti della Tradizione? Sì, lo ha già spiegato egregiamente don Alberto Secci, e ci vuol poco. Basta premettere alla fede una certo istinto rivalitario e superbo e il gioco è fatto. Lefebvre & Company sono lì a dimostrarlo, inconsapevoli strumenti dell’ultima, e forse più tenebrosa e confusa di tutte, transizione spirituale.



note


1. «Dante Alighieri le disse di aver dovuto scontare ben “trecento anni di Purgatorio” per aver giudicato le persone nella Divina Commedia in base alle sue simpatie e convinzioni politiche, senza alcuno spirito di carità e amore cristiano» (cfr. L. Regolo, Natuzza Evolo. Il miracolo di una vita, Mondadori, 2010).

2. Infatti se si ammettesse una qualunque eccezione al principio per cui “la prima Sede non è giudicata da nessuno” (Prima Sedes a nemine iudicatur) allora la Sede petrina non sarebbe più la ‘prima’ ma la ‘seconda’, ciò che è evidentemente assurdo.

3. Nella strana parabola in cui il Signore sembra lodare un amministratore disonesto “I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16,1-13). Difendere il proprio interesse, che è di salvarci e andare in Paradiso, con le "ricchezze ingiuste" (de mammona iniquitatis) perché le ricchezze di questo mondo hanno anche a che fare con l’ingiustizia.





di Jef Costello, American Renaissance, 6 dicembre 2024

(Renaud Camus, 9 décembre 2021 © JOEL SAGET AFP)
(Renaud Camus, 9 décembre 2021 © JOEL SAGET AFP)

Renaud Camus è un romanziere e saggista francese che ha coniato il termine "Grande Sostituzione" nel 2011 e da allora è stato nei guai. Il 6 maggio 2023, per volere del partito Vlaams Belang, ha pronunciato un discorso dal titolo "Che cos'è la Grande Sostituzione?" davanti al parlamento fiammingo a Bruxelles. Una traduzione in inglese delle osservazioni di Camus, lette da qualcun altro, è disponibile come file audio da Legatum Publishing. Il discorso è molto interessante in quanto non solo Camus articola in modo molto preciso cosa sia la Grande Sostituzione, ma espone anche, in termini sorprendenti, la disonestà di tutti i tentativi di negare che stia avvenendo. Ancora più interessante è il tentativo di Camus di situare la nostra comprensione della Grande Sostituzione all'interno di un contesto intellettuale molto più ampio. Camus sostiene, infatti, che la Grande Sostituzione è un'espressione dei presupposti metafisici fondamentali della stessa civiltà industriale moderna. Le idee di base del discorso sono un riassunto degli argomenti che presenta nel suo libro del 2022 La Dépossession: ou Du remplacisme global [Dispossessione: o Sul sostituismo globale].

All'inizio, Camus afferma che "Siamo arrivati al punto in cui potremmo procedere in negativo e definire . . . l'espressione 'Grande Sostituzione', da tutto ciò che la Grande Sostituzione non è e da tutto ciò che i suoi avversari – che si oppongono al nome ma sostengono la cosa – dicono che sia". Per cominciare, sostiene Camus, la Grande Sostituzione non è una "teoria".

L'establishment ama riferirsi alla Grande Sostituzione come a una "teoria del complotto". In effetti, la voce di Wikipedia di Camus lo definisce un "romanziere francese e teorico della cospirazione". Ma la Grande Sostituzione non è affatto una teoria; è una realtà. La sistematica sostituzione dei popoli indigeni europei con stranieri più fertili e aggressivi sta avvenendo. Inoltre, sta accadendo come risultato diretto della politica del governo e con la conoscenza e la benedizione dei responsabili politici.

Ogni giorno, gli europei si trovano di fronte alla prova che la Grande Sostituzione è abbastanza reale. Il signor Camus scrive:


In milioni di edifici, migliaia di quartieri, strade, scuole, aule e fotografie di classe, squadre di atletica, centinaia di paesi, regioni, province e in numerosi stati, nazioni, governi, c'era un popolo e ora ce n'è un altro, o molti altri; C'era una civiltà, i volti, i vestiti, le abitudini, gli stili di vita, i modi di essere e di capirsi, e ora ce ne sono altri, non necessariamente superiori, ma che anzi li hanno sostituiti.

Chiedere la prova che la Grande Sostituzione sta avvenendo è come chiedere la prova di un terremoto, di uno tsunami o di un'epidemia, dice Camus. Immaginate l'assurdità dei funzionari della FEMA che si presentano ad Asheville, nella Carolina del Nord, e chiedono ai residenti di dimostrare che la città è stata colpita dall'uragano Helene. Camus traccia un parallelo ancora più azzeccato: "Esigere da un europeo occidentale, nel 2023, la prova del cambiamento di persone e civiltà in cui è quotidianamente immerso, non ha più senso o decenza che chiedere a un francese, a un belga o a un olandese, nel 1943, la prova dell'occupazione tedesca".

Camus suggerisce, inoltre, che parlare della "teoria" della Grande Sostituzione è come parlare della "teoria" delle camere a gas. Egli spinge su questo parallelo, suggerendo che esiste un'equivalenza morale tra il "negazionismo" dell'Olocausto e la negazione della Grande Sostituzione. Dopo tutto, suggerisce Camus, la Grande Sostituzione è anche un genocidio: un genocidio "per sostituzione". Una differenza significativa tra le due forme di negazionismo, tuttavia, è che il negazionismo dell'Olocausto è stato quasi interamente opera di individui visti dalla maggior parte come eccentrici marginali. Al contrario, la negazione del "genocidio per sostituzione" è spinta da "papi, re, presidenti della Repubblica, presidenti di consigli, primi ministri, ministri, leader di partito, membri del parlamento, banchieri, direttori di società, magistrati, professori, insegnanti e giornalisti, giornalisti, giornalisti".

Camus si riferisce a tutte queste persone collettivamente come al "Blocco Negazionista-Genocida". In precedenza, l'ho citato dicendo che questi individui "si oppongono al nome ma sostengono la cosa". In altre parole, mentre sostengono la Grande Sostituzione, hanno reso tabù nominare il fenomeno o parlarne. Il Blocco Negazionista-Genocida "chiama qualsiasi resistenza al suo crimine odio proprio come chiama qualsiasi messa in discussione della natura di questo crimine una teoria del complotto".

La Grande Sostituzione, in altre parole, è il genocidio che non osa pronunciare il suo nome. La logica perversa del blocco negazionista-genocida, tuttavia, ci permette di parlare apertamente della Grande Sostituzione, ma solo se esprimiamo la nostra approvazione. In un atto di contorsionismo ideologico che sconvolgerebbe Orwell, i sostenitori della Grande Sostituzione ammetteranno prontamente che è reale se la si accoglie con favore – e altrettanto facilmente negheranno che è reale se si esprime disapprovazione.


Il signor Camus scrive:


Va benissimo riconoscerlo come una realtà se lo si celebra. Se invece non ti piace la Grande Sostituzione, allora non esiste, sei tu che la inventi e sei un fascista, un razzista e un propagatore di teorie del complotto. Se vi piace, esiste, ed è un'opportunità per la Francia, un'opportunità per le Fiandre, una benedizione per il Belgio, un'ancora di salvezza per l'Europa; e tu sei un benefattore dell'umanità.

Come è arrivata l'Europa al programma genocida della Grande Sostituzione? Perché l'intero establishment sta spingendo questo "genocidio per sostituzione" e contemporaneamente lo sta negando? Camus offre due risposte, una culturale-storica, l'altra metafisica. La risposta storico-culturale ha a che fare con l'eredità della Seconda Guerra Mondiale. Camus si riferisce a quella che chiama "la seconda carriera di Adolf Hitler", o l'influenza negativa in corso di Hitler nel mondo del dopoguerra. I sostenitori della Grande Sostituzione sostengono che è moralmente necessaria per espiare i mali del razzismo e del genocidio nazista. Inoltre, credono che non sia solo la Germania ad essere implicata in questi mali, ma tutta la civiltà occidentale. L'Occidente ha una lunga e oscura storia di razzismo e colonialismo. Quindi, tutti gli occidentali meritano di ottenere la diversità, e di ottenerla bene e duramente. In effetti, la loro posizione è fondamentalmente che i bianchi meritano l'estinzione. Il risultato di questo zelo per ripulirci dall'hitlerismo sembra benissimo essere la distruzione della stessa civiltà occidentale. È un processo che ci presenta, inoltre, molteplici strati di ironia. Ad esempio, Camus sottolinea che la migrazione di massa dei musulmani in Europa significa un afflusso massiccio di antisemitismo. Ha "creato un mondo in cui l'Olocausto spesso, in diverse aule, non può più essere insegnato" e in cui gli ebrei sono costretti a "evacuare interi quartieri, città e regioni da cui non sono stati cacciati nemmeno negli anni bui" (presumibilmente, gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale). In un'ulteriore ironia, l'"antirazzismo" è diventato l'opposto di ciò che era originariamente inteso essere. Mentre era stato il protettore delle razze e delle differenze razziali, ora è diventato il "distruttore di tutte le razze". Presumibilmente, Camus si riferisce qui al fatto ben noto che il multiculturalismo ha l'inevitabile risultato che le razze si mescolano sia fisicamente che culturalmente e alla fine perdono la loro distintività. Un'altra ironia è che gli "antirazzisti" stanno ora chiedendo la scomparsa delle razze "sulla base del fatto che non esistono". Un'ideologia che originariamente si era prefissata di combattere la discriminazione su base razziale ora dichiara che non c'è nulla contro cui discriminare, poiché la differenza razziale è un "mito". Allo stesso tempo, ci viene ingiunto di "celebrare" queste differenze inesistenti. L'obiettivo dell'"antirazzismo" e della Grande Sostituzione sembra infatti essere la cancellazione di tutte le differenze e la creazione di un'umanità unica e indifferenziata. Questa osservazione ci porta alla spiegazione metafisica di Camus della Grande Sostituzione, che è l'aspetto del suo discorso che i lettori troveranno probabilmente più originale e sorprendente.

All'inizio del testo, Camus afferma che "La Grande Sostituzione, per quanto colossale, dal momento che colpisce dozzine di nazioni e ha luogo in almeno tre continenti, è solo una piccola parte di ciò che rappresenta il sostituto globale". Quello che lui chiama "sostitutismo globale" è in gran parte l'argomento del suo libro La Dépossession. Camus sostiene che la Grande Sostituzione è possibile perché scaturisce dai presupposti più profondi della moderna civiltà tecnologica sulla natura della realtà – la sua metafisica, in altre parole. Camus cita il filosofo ebreo-polacco Zygmunt Bauman (1925-2017) come la principale influenza sulla sua analisi.

Il suo vero debito, tuttavia, è al filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976) che ha avuto una grande influenza su Bauman. Le posizioni che Camus assume qui sulla natura della modernità sono completamente heideggeriane. Heidegger era convinto che i diversi stadi della civiltà in Occidente fossero segnati da diverse comprensioni dell'essere; cioè, concezioni diverse di ciò che è o di ciò che esiste. Ogni periodo storico ha la sua metafisica. Così, Heidegger poteva parlare di una "storia della metafisica" (Geschichte der Metaphysik) o di una "storia dell'essere" (Seinsgeschichte). Ad esempio, Heidegger ha notato che essere nel Medioevo cristiano significava essenzialmente essere un artefatto di un creatore onnipotente. Per Heidegger, il modo in cui le culture si animano di particolari posizioni metafisiche, e il modo in cui queste posizioni cambiano, è fondamentalmente misterioso. Non crede che siano i filosofi a crearli. Invece, come Hegel, Heidegger crede che i filosofi diano espressione allo Zeitgeist fondamentale – lo "spirito dei tempi" – che è già nell'aria prima ancora che mettano la penna sulla carta. Se chiediamo a Heidegger della metafisica della moderna civiltà tecnologica, risponderà che noi moderni viviamo le nostre vite come se credessimo che tutto ciò che esiste non sia altro che materia prima per la manipolazione e lo sfruttamento. Fondamentalmente, in altre parole, crediamo che tutto sia semplicemente "roba" in attesa che noi le conferiamo identità, per trasformarla al servizio della soddisfazione dei desideri e delle aspirazioni umane.

Nella modernità, inoltre, crediamo che non ci siano limiti alla nostra capacità di trasformare il mondo, così come noi stessi. Tutto è visto come infinitamente malleabile. Queste convinzioni sono raramente prese in considerazione e quasi mai dichiarate apertamente. Per Heidegger, lo spirito della moderna civiltà tecnologica è così totalizzante che arriviamo persino a vederci l'un l'altro come materia prima da trasformare secondo i nostri schemi. Potremmo citare il comunismo come un esempio ovvio di una filosofia che ha cercato fondamentalmente di "ri-fare" l'umanità. Heidegger, tuttavia, vede lo stesso spirito all'opera nel capitalismo.

Sotto il capitalismo, tutto diventa una "merce" sostituibile e riciclabile – e questo include gli esseri umani stessi. Gli uomini diventano semplici "consumatori" manipolati dai produttori per desiderare qualsiasi cosa venga loro offerta, e in quanto consumatori, sono completamente sostituibili. Ovunque nel mondo moderno, per Heidegger, c'è una volontà verso l'uniformità, la sostituibilità, la riciclabilità.

Facendo eco a Heidegger, Camus afferma a un certo punto del suo discorso: "La teoria del sostitutismo globale si basa sull'osservazione che la sostituzione, l'atto di sostituire, è la caratteristica centrale delle società moderne e contemporanee". L'imperativo moderno è il "sostitutismo", per usare il neologismo di Camus: tutto deve essere sostituibile. Ciò che sostituisce ha, in generale, il vantaggio di essere "più semplice, più abbondante, più facile da produrre e, naturalmente, più economico".

Camus ci offre molti esempi di questo, alcuni dei quali abbastanza familiari: la pietra è sostituita dal cemento. Il lino e la seta sono sostituiti da tessuti sintetici. La campagna è sostituita da periferie e città. I suoi esempi che riguardano la sostituzione degli esseri umani sono molto più inquietanti. "I popoli indigeni [sono sostituiti] dalla diversità, i residenti dagli inquilini dei BnB, gli uomini dalle donne, gli uomini e le donne dai robot, i robot da uomini e donne robotizzati, l'umanità da una post-umanità squilibrata, l'intelligenza dall'intelligenza artificiale". Camus riecheggia continuamente le affermazioni di Heidegger sulla spinta della modernità verso l'uniformità e la cancellazione di tutte le distinzioni. Egli osserva che una delle manifestazioni più recenti, ed estreme, di ciò è il tentativo del progressismo di convincerci che uomini e donne non esistono realmente, che tutte le differenze apparenti sono semplicemente "socialmente costruite". Se uomini e donne possono essere tutto ciò che diciamo che sono – se gli uomini possono avere vagine e le donne peni – allora uomini e donne diventano intercambiabili.

La civiltà moderna sta progressivamente spogliando gli individui e i gruppi di tutto ciò che li rende unici e distintivi, specialmente nel caso di distinzioni che sono state tradizionalmente viste come inerenti, "naturali" o eterne. Tutto questo è stato venduto e ampiamente accettato come "liberazione".

Come dice Camus, "Il trans è il re del mondo". In altre parole, l'uomo nuovo dell'Occidente moderno è transessuale, transrazziale, transnazionale, transculturale, transfamiliare e molto altro. Egli/lei è stato liberato da tutte le forme tradizionali di identità. Alla fine, come ha predetto Aleksandr Dugin, le élite ci venderanno l'idea che la nuova frontiera è la liberazione dalla stessa natura umana ("transumanesimo"). In effetti, sembra inevitabile che da un giorno all'altro i nostri intellettuali dichiarino che la fede in una natura umana fissa ed eterna è una tirannia intollerabile. (In realtà, lo facevano già molto tempo fa.)

"Per essere pienamente intercambiabile", scrive Camus, "l'essere umano sostituibile deve essere espropriato uno da uno di tutti i suoi attributi, tutto ciò che concorreva a renderlo unico: nome, classe, razza, sesso, cultura, origine, ecc. Le industrie dell'umanità stanno lavorando incessantemente per produrre in serie questo prodotto supremo, quello che io chiamo UHM, Materia Umana Indifferenziata. Essere liberati da tutte le forme tradizionali di identità significa, in effetti, essere liberati dall'essere qualsiasi cosa.

Secondo Camus, è questa spinta alla sostituibilità e all'uniformità – questa moderna metafisica del reale come sostituibile – che ha dato origine alla Grande Sostituzione stessa. Vale la pena citare per esteso le sue parole:


La fase successiva è quella che stiamo vivendo, che rende possibile la Grande Sostituzione: l'uomo sostituibile, la sua totale intercambiabilità, la sua liquefazione così ben analizzata da Bauman, la sua espropriazione. Ridotto allo stato di UHM dalla successiva eliminazione di tutti i suoi attributi, l'essere umano di . . . Il sostitutismo globale si trasforma egli stesso, da produttore e consumatore che già è, in un prodotto. Il prodotto di maggior valore è il consumatore. I vecchi popoli del vecchio continente hanno la saggezza di non produrre abbastanza per soddisfare la Macchinazione [termine di Heidegger – in tedesco, Machenschaft – per lo spirito di sfruttamento della modernità]. Quindi li sostituisce con razze più (ri)produttive. Come possono questi ultimi consumare, dite, quando non hanno denaro? Non preoccuparti, avranno il tuo. Proprio come l'edilizia sociale non è altro che un nome in codice per l'edilizia razziale, i cosiddetti trasferimenti sociali non sono altro che trasferimenti razziali. E i nuovi arrivati avranno sempre bisogno di alloggi, di strade che vi portino, di trasporti, di scuole, anche se non sempre sembrano beneficiarne molto, di ospedali e asili nido per i nostri sostituti.

La logica del sostituzionismo è inesorabile. Se tutto è sostituibile, allora perché non dovrebbero esserlo interi popoli? Che importanza ha chi vive in Francia, purché consumi in modo affidabile?

Le differenze tra le popolazioni rappresentano seri problemi per i capitalisti multinazionali, che devono adattare le loro linee di prodotti e la loro pubblicità in base alle differenze culturali nei gusti, nei costumi e nelle convinzioni religiose. Sarebbe molto più facile se tali differenze culturali cessassero di esistere.

Per raggiungere questo obiettivo, si sta perseguendo una duplice strategia: la promozione simultanea della "cultura del consumo" e della "diversità". Abbiamo tutti notato che il nostro popolo manca sempre più di qualsiasi legame con la storia (di cui non sa quasi nulla), con il luogo, e sia con la cultura popolare che con la "cultura alta". Invece, domina una cultura del consumo in cui individui in diverse aree geografiche – un tempo caratterizzate da forti differenze culturali – desiderano, consumano e discutono le stesse merci prodotte in serie. L'establishment promuove questa cultura del consumo come promettente una sorta di pax aeterna. Che cosa ci sarà da combattere quando l'aspirazione più alta dell'umanità sarà la libertà di acquistare più beni di consumo? Un ulteriore passo è la promozione della "diversità". Come notato in precedenza, perseguire una politica di multiculturalismo è un modo estremamente efficace per offuscare le differenze razziali e culturali. Il risultato finale di questa duplice strategia sarebbe una sorta di "umano generico" indifferenziato, senza un'identità etnica o culturale distintiva. Così, si scopre che la "diversità", come imperativo ideologico, in realtà significa il suo esatto opposto: l'uniformità. La "diversità" è un mezzo per promuovere l'uniformità. Naturalmente, le élite contano sull'idea che le differenze razziali e culturali possano essere pacificamente eliminate, grazie alla presunta attrattiva universale e irresistibile della cultura consumistica occidentale.

Questo potrebbe essere un errore fatale. Le élite europee non sembrano aver considerato il fatto ovvio che la cultura degli invasori ha una presa più forte sui cuori e sulle menti degli uomini di quanto la nostra decadente cultura consumistica avrebbe mai potuto avere. Nessuno è disposto a diventare un attentatore suicida per la causa della difesa di un consumismo sradicato.

Quelli della destra politica di solito vedono la Grande Sostituzione sia come un problema politico che come un problema tecnico. La soluzione di solito si ritiene che coinvolga due fasi: l'acquisizione del potere politico da parte degli oppositori della Sostituzione, seguita dall'applicazione del know-how tecnocratico per rimuovere i sostituti (ad esempio, i rimpatri).

L'enorme valore dell'approccio di Camus è che è andato oltre il politico e il tecnico e ha collocato la Grande Sostituzione all'interno di un contesto storico e filosofico molto più ampio. Camus ha sostenuto che è solo un'altra manifestazione dell'incessante spinta della moderna civiltà tecnologica verso l'uniformità e la sostituibilità; quello che lui chiama, ancora una volta, "sostituzionismo". Questo stesso deriva, come Heidegger riconobbe, dalla convinzione metafisica della modernità che gli esseri – tutti gli esseri – non sono altro che materiale plastico per lo sfruttamento. Non c'è bisogno di fare una scelta, tra l'altro, tra la spiegazione storico-culturale di Camus per la Grande Sostituzione, e la sua spiegazione metafisica. Si completano a vicenda. Sì, la Grande Sostituzione è in larga misura una reazione contro Hitler. Ma perché la reazione ha assunto questa forma particolare? Perché ha preso la forma di un movimento che sembra cercare la cancellazione di tutte le distinzioni tra i popoli? Perché, direbbe senza dubbio Camus, tutto nella modernità tende all'uniformità e alla cancellazione delle distinzioni. Questo è lo spirito dei tempi. Heidegger divenne disincantato dal nazionalsocialismo quando si rese conto che, a suo modo, il movimento di Hitler mostrava la stessa tendenza moderna.

L'effetto netto del trattamento filosofico di Camus della Grande Sostituzione è quello di insegnarci che si tratta di un problema più grande di quanto pensassimo inizialmente, così come di un problema fondamentalmente diverso. A dire il vero, a un certo livello l'approccio di Camus alla questione è puramente pragmatico: discute soluzioni politiche e tecnocratiche alla Grande Sostituzione (a differenza di Heidegger, in altre parole, egli non sta semplicemente "in attesa dell'essere" che ci consegni una nuova metafisica).

Ciononostante Camus invita a considerare che invertire la rotta sulla Grande Sostituzione e fare in modo che nulla di simile accada mai più, ci costringerà a riesaminare i presupposti più profondi della nostra cultura. Dovremo abbandonare l'idea che gli esseri, compresi gli esseri umani e le loro disposizioni sociali, siano infinitamente malleabili; che possono essere qualsiasi cosa scegliamo di farne.

Ciò di cui si ha bisogno, a quanto pare, è un ritorno alle antiche convinzioni che gli esseri possiedono "nature" intrinseche e inalterabili, che ci sono limiti intrinseci alla capacità umana di trasformarli, e che tentiamo di trasgredire quei limiti a nostro rischio e pericolo.

E' possibile un tale ritorno, o dobbiamo continuare la nostra lunga marcia verso la dissoluzione, osservando impotenti mentre la follia moderna si svolge? Questa è la grande domanda del nostro tempo.


 




©2021 Laportastretta(Lc13,24)
All rights reserved
Angustam-portam-LOGO2.jpg
bottom of page