- Roberto Bigini
- 29 dic 2024
- Tempo di lettura: 6 min

Dopo avere indotto nelle popolazioni d'Occidente, con domiciliazioni coatte illegali, stati depressivi e psichiatrici di vario genere (specie tra i giovani), ma soprattutto dopo aver provocato - col diabolico ricatto dei "sieri della libertà condizionale" (o ti buchi o stai carcerato) -, nuove e più durature depressioni del sistema immunitario naturale, provocando in alcuni la recrudescenza di vecchi tumori o in altri direttamente l'insorgenza dalla sera alla mattina di leucemie mielomonocitiche croniche (su tutti, il caso del cavalier Berlusconi e dell'avvocato Ghedini), creando in milioni di cittadini terrorizzati e ansiosi di sopravvivere uno stato ematologico d'allora gravemente alterato, con "globuli rossi che si impilano" e quantum dots (sostanze esogene nel sangue, sì, proprio il grafene), il punto della situazione ancora oggi - nonostante il decadere del green pass e il ritorno, tra moltissime virgolette, allo status quo antea - resta non solo oggetto di taboo, tanto che sui social è praticamente impossibile parlarne (così Faccialibro censura una notizia con l'importante contorcimento logico di "parzialmente falsa" - fig.1), ma continua, e pare anche debba continuare, la gestione emergenziale da "Stato di eccezione" ad esempio del diritto alla salute, come testimonia l'ennesimo caso di apartheid sanitaria (rifiutata a un cardiopatico l'operazione a cui aveva diritto per "non essere in regola" con le vaccinazioni anti covid-19), con un SSN (Servizio Sanitario

Nazionale, per chi ancora lo ricorda) espropriato di fatto al cittadino che lo finanzia e "annesso" ormai stabilmente alle multinazionali del farmaco, ai "fondi d'investimento" esteri che lo eterodirigono attraverso le consuete triangolazioni politiche comunitarie. Col benestare di tutti i Presidenti e le magistrature del caso (Pontefice compreso).
È ormai evidente, cioè, dietro la rivoluzione della "Farsemia" (cit. Elio Paoloni) - più un piccolo esperimento di ingegneria sociale e soprattutto un work in progress ben lungi dall'essere completato - la precisa volontà di nuocere ai più (altro che curare), già all'opera da secoli, in Occidente, in tutte le rivoluzioni che instaurarono via via la Modernità, ossia es-piantarono dal mondo Dio e il suo uomo preteso "superstizioso" e "oscurantista" (poiché religioso), per rimpiazzarlo con la nuova "soggettività", illuminata, razionale e "scientifica", poiché libera da vecchie illusioni e favolette, e i suoi idoli corrispettivi di Ragione, Comunità, Stato, Razza, Sangue e suolo, Scienza ecc (i cosiddetti "-ismi" di razionalismo, comunismo, statalismo, razzismo, scientismo ecc). È stato vero il contrario. Ne è venuto un uomo sempre più debole, pavido, ignorante, "indifferenziato" e violento. La rivoluzione protestante infatti, nel 1517, stabiliva la possibilità dell'uomo di vivere di fronte a Dio senza il Magistero e la mediazione sacramentale della Chiesa; quella Francese, nel 1789, stabiliva la possibilità dell'uomo di vivere in fratellanza direttamente senza alcun Dio; quella socialista, nel 1917, stabiliva la possibilità dell'uomo di vivere in fratellanza senza alcun Dio e senza alcun bene di proprietà; quella sessantottina infine, nel 1968, stabiliva il poter esser libero dell'uomo unicamente senza il "Padre" (con atto di parricidio) e dunque senza famiglia, per arrivare nel 2020 alla rivoluzione tecnocratica o digitale, che stabilisce, via inoculazioni obbligatorie e lasciapassare digitali, l'impossibilità dell'uomo di disporre dell'unica cosa, rivoluzione dopo rivoluzione, che fin qui rimastagli, ossia il suo corpo, vero fondamento di ogni libertà.
Ci si potrebbe chiedere come sia stato - ed è - ancora possibile, collusioni istituzionali a parte, aggirare quanto stabilito nel 1996 dalla Carta di Nizza (art. 3) sulle vaccinazioni antipolio (118/1996) dove si dice che “nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri”, ossia, come ha spiegato il prof. Mangia ordinario di Diritto costituzionale all'Università Cattolica di Milano, che “lo Stato non può disporre dei corpi dei suoi cittadini”. Ed è appunto quanto si erano premurati di scongiurare in Costituente, quando «il 28 gennaio 1947 un membro dell’Assemblea di nome Aldo Moro si presenta in Commissione spiegando che i medici dell’Assemblea gli si erano rivolti chiedendo di introdurre delle limitazioni al potere del legislatore di disporre trattamenti sanitari coattivi. Si trattava, ci dice Moro, “del problema della sterilizzazione e di altri problemi accessori”». Il riferimento era all'eugenetica (non solo nazista, ma anche americana ed europea in genere) praticata nel "civilissimo" Occidente fino agli anni Sessanta del Novecento. Il parallelo tra vaccinazione anti covid-19 e sterilizzazione non è sproporzionato. «Cos’hanno in comune vaccini e sterilizzazione?», chiede l'intervistatore. Risponde il giurista: «L’irreversibilità degli effetti di determinati trattamenti sanitari che possono essere disposti con legge. Sa, a parole io mi posso sbattezzare. Ma non mi posso svaccinare, neanche ritirando il consenso». Dopo, infatti, sempre che io sia ancora vivo, il corpo non è più il mio corpo di prima, ma un corpo reso a vario titolo invalido o comunque debilitato da effetti avversi più o meno gravi, cardiopatie, tumori e quant'altro.
La risposta al come ciò sia stato possibile è semplice e consegue dalle dette rivoluzioni che hanno via via disarmato, svirilizzato ed estraniato l'uomo dalla sua vera essenza. Se l'uomo pre-moderno era stato "liberato", cioè privato di tutto l'essenziale invalso fino ad allora ("liberato" dall'intercessione della Chiesa, "liberato" dalla presenza di Dio, "liberato" dalla proprietà dei beni personali e dalla propria identità, "liberato" dalla famiglia e dalla tradizione che ci ha messo al mondo), a quest'uomo di mondo, è il caso di dire, non restava effettivamente, nella rotazione forzata dell'asse spirituale da verticale a orizzontale, che il corpo. Lo aveva capito Ernst Jünger nella sua meditazione sul dolore: «il rapporto di questo mondo con il dolore è il rapporto con una potenza che va innanzitutto evitata, perché qui il dolore non colpisce il corpo come un semplice avamposto, ma colpisce il quartier generale, il nucleo essenziale della vita stessa»(1). Non un semplice avamposto, ma proprio il quartier generale. Il corpo. Si comprende dunque da sé, con tutta questa serie di rimozioni gabellate per liberazioni (questo sì un processo di esproprio e alienazione dal Sé autentico, insieme storico e sovrastorico, terreno e trascendente) come l'uomo, non rimastogli che il corpo, vi si aggrappi con una violenza e una paura senza precedenti, divenendo quello stesso uomo superstizioso (se non peggiore) in senso etimologico - cioè uno che vuole sopravvivere a ogni costo (2) -che intendeva superare. Non è un caso che il rapporto con il dolore, e quindi con la morte, dell'uomo moderno sia il grande rimosso che la società moderna preferisce lasciare nascosto e impensato (interrogarlo costringerebbe a imboccare a rovescio la via della modernità risalendo fino a Dio, l'«uomo dei dolori», venuto una volta per tutte a rovesciare la tragedia in consolazione).
L'ultima preda possibile al Leviatano tecnocratico e alla sua diabolica volontà, di rivoluzione in rivoluzione, sono rimasti i corpi. Ed è per la loro conservazione che i più, sbagliandosi e pagando (i più sfortunati con la stessa vita che desideravano sopra ogni cosa conservare), hanno accettato i "sieri della libertà condizionale" e accetteranno di qui a breve l'Identità Digitale (con la stessa superstiziosa e gregaria obbedienza da Lemmings con cui hanno acconsentito al Lasciapassare Verde) ossia un guinzaglio cibernetico che permetterà loro di essere liberi per quanto lo permette la catena.
Harvey Mansfield, dell'Università di Harvard, a dimostrazione dell'indebolimento operato dalle rivoluzioni moderne ha scritto che «le persone ossessionate dalla propria salute non sono virili perché preferiscono un'esistenza più lunga alla vita breve ma ricca di eventi di cui Achille offre un nobile esempio» e che nello Stato leviatanico di Hobbes, che è quello in cui ci troviamo, «tutti hanno il dovere di dimenticare la propria virilità e diventare socievoli, o sensibili, o relazionali, o non virili». Ed eccoci con ciò giunti alla società dell'indifferenziazione di genere. Tutto si tiene, si potrebbe dire, nell'assenza voluta e pianificata di Dio, estromesso dal suo stesso creato.
La guerra al Vir(us) – per un Nuovo Mondo non più ordinato in (sacre) famiglie, matrimoni, patrimoni e tradizioni da conservare e rinnovare, ma ridotto a “grumo di cellule” isolate, femminizzate, superstiziose e (soprattutto) nullatenenti in pugno quattro faccendieri del demonio – non è che una teologica prosecuzione della guerra contro Dio con altri mezzi, e procede ormai a tappe forzate, trionfante e apparentemente inarrestabile.
(1) Ernst Jünger, Sul dolore, in Foglie e pietre, Adelphi, Milano 1997, pp. 139-153.
(2) Il termine "superstizione" fu creato da Cicerone nel De Natura Deorum, dove definisce superstiziosi coloro che sacrificano o pregano ossessivamente affinché i figli gli sopravvivano. Il concetto di Superstitio è connesso al verbo super-stare, cioè sopravvivere, che è alla base del termine che designa il testimone, i superstes, da cui il termine "superstite". Il testimone, termine usato soprattutto in questioni di leggi e tribunali, è colui che, essendo sopravvissuto a un fatto, è in grado di narrarlo con autenticità. Il concetto di superstizione cambia significato a partire da Lattanzio, retore romano convertito al Cristianesimo nel 300, come comportamento o credenza indebiti che conservano frammenti di paganesimo in un contesto cristianizzato.