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È facile vedere le colpe degli altri e non le proprie [...] consideriamo il racconto del rinnegamento e immediato pentimento di Pietro, durante il processo di Gesù:


“Alla serva che fissandolo disse: «Anche questi era con lui», Pietro negò dicendo: «Donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!». Passata circa un'ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente”.

Commenta Sant'Ambrogio: "Non leggo nel Vangelo che cosa disse Pietro, trovo soltanto che pianse. Leggo che pianse, non leggo che abbia cercato di scusarsi: ciò che non può essere difeso, può essere purificato. Le lacrime confessano la colpa senza tremare, le lacrime confessano il peccato senza offendere il pudore, le lacrime non domandano il perdono e l'ottengono. Capisco perché Pietro non parla: è per non accrescere la gravità della colpa esigendo troppo presto il perdono. Prima bisogna piangere, e ciò equivale a dire che prima bisogna pregare. Buone sono le lacrime che lavano la colpa. Piangono coloro che Gesù guarda. Pietro ha negato una prima volta, e non ha pianto, perché il Signore non lo aveva guardato. Ha negato una seconda, e di nuovo non ha pianto, perché ancora il Signore non aveva rivolto lo sguardo verso di lui. Nega una terza volta: Gesù lo guarda, ed egli pianse amaramente (cfr. Lc 22,61-62). Guardaci Signore Gesù, affinché noi sappiamo piangere i nostri peccati" (Commento al Vangelo di Luca, X, 86)


(Anna Maria Canopi, La Santa Messa)

19 novembre – 51° anniversario del beato transito del Servo di Dio Dolindo Ruotolo (1882-1970)



Il dolore è anche più nobile e bello, perché è stato santificato dal Verbo di Dio fatto carne. Gesù Cristo assunse sopra di Sé tutti i dolori dell'umanità, ed in ciascuno di essi depositò il tesoro del suo amore e dei suoi meriti. Ogni dolore, quindi, sofferto in unione con la sua Passione, vi unisce a Lui, vi fa partecipi dei meriti suoi, è come animato e vivificato da Lui. Voi soffrite, Egli apprezza Dio per voi, lo Spirito Santo vi congiunge a Dio con l'amore. Questo dolore santo vi rende ad immagine di Dio, perché voi soffrendo gli presentate il Verbo suo umanato, e vi rendete compiacenza di Dio; soffrendo, meritate ed amate. Il dolore sofferto in unione con Gesù genera, quindi, una vita interiore elevatissima, ed accende nell'anima poco per volta quell'amore che la libera da se stessa, e la congiunge a Dio.

Il dolore vi fa conoscere voi stessi e genera l'umiltà; l'umiltà attrae la grazia e vi accende di amore. Il dolore libera l'anima dalla schiavitù del corpo, acuisce naturalmente la sua mente; esso genera la riflessione ed intensifica la vita dello spirito. Il dolore trasportato nel campo dell'anima sospinge a Dio, lo fa conoscere, conoscendolo ne fa vedere l'ordine e l'amore, la provvidenza e la carità, e genera quindi l'amore.

L'amore è il più sublime dei dolori. L'anima amando Dio lo conosce come sommo bene, geme perché sospira a Lui. Questo gemito profondo così nobile, la concentra nella vita mistica che è semplice contemplazione di Dio, ed amore elevatissimo a Lui; anzi, congiungimento con Lui. Il dolore è una scala misteriosa che dalla terra poggia nel cielo: il dolore del corpo attiva la mente; il dolore dell'anima la eleva; lo spasimo nella elevazione la sublima in una vita di unione con Dio.

Questa è la sintesi.

Il dolore, però, dovendo vincere la povertà e la miseria umana, ha un cammino lungo, perché la creatura tende continuamente a ritornare nella sua miseria, sperando di evitare il dolore. L'uomo non si eleva così semplicemente, ma sente in sé continue reazioni interne ed esterne, che deve vincere; ed ecco perché la via del dolore è lunga e faticosa. La creatura non apprezza la preziosità del dolore perché non ama Dio veramente, e cerca solo se stessa. Essa perciò fugge dal dolore, e spesso, invece di elevarsi, si abbassa nella sua miseria, non ritrovando in realtà che maggiore dolore!

Dovete sempre guardare in alto se volete che il dolore vi perfezioni e vi riempia di amore! I dolori disperati vi concentrano in voi stessi e vi torturano spaventosamente. Persuadetevi che il dolore è una via, quando è sofferto per amore; diventa uno stato, quando è concentrato nell'anima.

Guardate la via del Cielo: vi trovate prima le spine che vi pungono; allungate il passo, poiché sono le spine della siepe, andate oltre e troverete le rose. Anche esse pungono… e voi andate avanti fino a che non trovate il giardino carico di frutta, dove riposerete e troverete il pascolo.


(Don Dolindo Ruotolo)


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