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(pubblichiamo in esclusiva i capitoli Preghiere per Paolo VI e i suoi carnefici e Morte di Papa Montini dal libro Roberto Bigini, Fatta di terra, rivestita di Cielo. Storia della mistica Antonietta De Vitis, Congedo Editore, Lecce 2024, pp. 152-153 e 154-155)



1978, annus horribilis per la Chiesa e per Papa Paolo VI, dichiarato Santo nel 2018, in particolare. Il “fumo di satana” previsto anni prima dal pontefice sta ora avvolgendo la Santa Chiesa e Antonietta è tenuta a offrire il suo contributo: «Ore 14. È l’ora della mia preghiera e mentre prego e piango raccolta mi investe un bagliore che a poco a poco si delinea nella figura del mio Gesù; è Lui che mi dice con voce dolcissima: “Sono il tuo Gesù, non temere Gemmina mia, dolce Gemmina della Croce, fidati di me, è vero che soffri di più, che ti calunniano, che il mio nemico

ti insidia ma è anche vero che i buoni sono accanto a te e ti vogliono bene. Dolce Gemmina, accetta, accetta la sofferenza che ti dono, è necessaria per aiutare la mia Chiesa avvolta dalle tenebre, per il mio Vicario, il Papa che tanto soffre, specialmente per coloro che gli sono vicini… sono i suoi carnefici. Gemmina offri per i miei sacerdoti… (Gesù singhiozza e piange e al vederlo così piango anch’io); le

anime vittime sono poche, sempre di meno. Chiedo a Gesù se queste mie sofferenze sono le ultime, ma Egli mi guarda e tace… poi mi porta sul Suo Cuore, mi benedice e sono sola. Ore 16,20» 258.


 258  Quaderni, 6 febbraio 1978.


 

Pochi mesi dopo, precisamente domenica 6 agosto alle ore 20.10, Antonietta è portata al capezzale del Papa morente: «Viene il Signore e prendendomi in braccio mi porta al capezzale di Papa Montini dicendomi che era molto grave. Trovo seduta accanto al suo letto la Vergine Santa vestita con un abito color granata e il velo azzurro. Insieme recitiamo le preghiere degli agonizzanti. Ore 22.00.

Il Signore mi porta di nuovo accanto al letto del Sommo Pontefice Paolo VI che è ormai spirato. Il Signore me lo addita come Martire e Padre della sofferenza. Recitiamo il S. Rosario e le preghiere di suffragio»; il 18 agosto le appare Papa Montini a rassicurare Antonietta sui suoi quaderni (quelli prelevati dal suo ex direttore spirituale e ormai perduti): «Ecco ora vicino al mio letto Papa Montini,

vestito da Pontefice della Chiesa di Dio, il quale non mi si avvicina ma con molta dolcezza mi dice: “Non piangere figlia mia, fatti coraggio, i tuoi scritti li abbiamo cari in Vaticano. Le tue sofferenze sono tanto accettate al Signore, vieni, vedi questo è tuo… (e vedo una grande camera abbagliante di luce e piena di tante cose che non riesco a distinguere). Non piangere, accetta tutte le prove, ecco ti benedico.” Così dicendo mi benedice con la benedizione papale. Ore 15.00» 260.


260 Quaderni, 18 agosto 1978


Come gli attori, affinché il rossore della vergogna non appaia loro in volto vestono la maschera, così anch’io sul punto di salire su questa scena mondana, di cui fin qui fui spettatore, avanzo mascherato (larvatus prodeo) / Renato Cartesio (Cogitationes privatae)
(Anna Lamberg, Crypsys, Larvatus prodeo, 2012)

Incensato da Hegel come colui che aveva guadagnato al pensiero “la terraferma” (das feste Boden) dove metter piede dopo tanto tribolato navigare (i fondamenti della logica antica e medievale), e dato finalmente fondazione a una filosofia autonoma (selbständige philosophie) – quella moderna – rendendogli possibile una “dialettica dello spirito”, così come più avanti a Marx, rovesciandola, una “dialettica della materia” (il materialismo storico), Cartesio in realtà – ci aveva visto benissimo Nietzsche – col suo cogito aveva perpetrato «un attacco contro l'antico concetto di anima [...] un attentato al presupposto fondamentale della dottrina cristiana» per cui «la filosofia moderna», in quanto scepsi gnoseologica «è, apertamente o occultamente, anti-cristiana». Si assoggettò l'“anima intellettiva”, forma del corpo e condizione del discursus, ossia del pensiero razionale, a una non meglio identificata “cosa pensante”, appunto la res cogitans: «Una volta infatti», continua Nietzsche, «si credeva all'“anima” come si credeva alla grammatica e al soggetto grammaticale: si diceva “io” è condizione, “penso” è predicato e condizionato - pensare è un'attività per la quale un soggetto deve essere pensato come causa. Si tentò allora, con un'astuzia e una tenacia degne di ammirazione, se non ci si potesse trar fuori da questa rete, se non fosse forse vero il contrario: “penso” condizione, “io” condizionato, “io” dunque solo una sintesi, che viene fatta dal pensiero stesso» (Al di là del bene e del male, § 54). Ma chi era allora “il pensiero stesso”? Non si seppe mai. Nemmeno Hegel, che finì il lavoro iniziato da Cartesio in un Pensiero Assoluto, volle scomodarsi. È un processo storico immanente, progressivo, crediamo noi razionale, ma vattelappesca!

Certo è che l'anima intellettiva e razionale dall'alto fu spo(de)stata in basso e assoggettata all'astrazione (nella migliore delle ipotesi) di un imprecisato “spirito che pensa”, un “fondamento” ricavato da ragionamenti che si fatica a ritenere tali e su cui non pochi, fin da subito, ironizzarono, a cominciare da Hobbes che al suo cogito ergo sum contrappose un irridente “cammino dunque sono una passeggiata”? Cartesio del resto, per arrivarvi, finge astutamente di non esistere per scampare agli inganni di un ipotetico (?) genio maligno (1) o con pari astuzia «pone a fondamento della sua filosofia proprio la mancata distinzione tra sonno e veglia» e «dubita d'essere sveglio e vestito perché spesso ha sognato di esserlo e non si ritiene quindi in grado di cogliere la differenza». È questo «il campione della razionalità del XVII secolo e seguenti»? Per tacere la moltitudine di cantonate teoriche (la teoria dei vortici o le 7 leggi, tutte sbagliate, sull'urto dei corpi tanto per dirne due) e più in generale l'idea surreale che quand'anche l'esperienza ci dimostrasse il contrario, dobbiamo fidarci più della “ragione” assecondando una fermezza cieca e irragionevole, come sostiene la “seconda massima” del suo Discorso sul metodo (2).

Così, oltre ad aver preso il posto dell'anima intellettiva, immortale e davvero razionale del cosmo cristiano, il “nuovo fondamento” cartesiano si connota per il suo essere dis-incarnato (non è forma di alcun corpo), onirico (l'indistinzione dei piani in cui il sogno vale quanto la veglia), irragionevole (si fida più di “se stesso” che dell'esperienza) e che al pensatore nasconde certamente assai più di quanto non riveli (cfr. a riguardo il mio L'angelismo come verità teologica del cogito. Il peccato originale moderno in R. Bigini, Filosofia del diavolo)


Qui ci basti sapere che “moderno” è ciò che si sottrae perfino al suo pensatore poiché moderno è ciò che avanza senza farsi riconoscere, larvatus prodit, procede mascherato (il latino larvare significa più esattamente stregare e il suo participio stregato, tanto che nei Menecmi di Plauto significa ossesso). Diviene così necessario per il pensiero vedere ciò che si manifesta assieme a ciò che resta nascosto “nelle pieghe”, che perciò è com-plicato, cum-plicis (da com-plico, piego, avvolgo insieme) facendosi un tale pensiero “complottista” (identico etimo, da com-plicitum, il contrario di ex-plicitum), ossia che guarda nelle pieghe per s-piegarle ed es-plicitarle. Fidandosi dell'esperienza.


Pertanto, a meno di non guardare “all'avvenire come le mucche guardano passare un treno”, come diceva Bernanos, l'ultimo biennio dovrebbe averci aperto gli occhi sulla processione mascherata in grande stile dell'epoca presente (un'epoca solo al suo inizio e che verosimilmente durerà assai poco), dove, come ha scritto il Pedante, «il più vasto esercizio di idolatria della storia umana a noi nota (ricordiamo che la pozione redentrice è adorata e somministrata anche nelle chiese, accompagnata da danze tribali, pubbliche abiure, professioni di fede)», assieme a «un dispositivo di apartheid che impedisce ai figli di Dio di accedere dove sono ammessi anche i cani», assieme «alla menzogna, all’odio del prossimo istigato dalle istituzioni, alla violazione generalizzata della legge naturale e morale, alla sozzura della liturgia con riti e travisamenti mondani», e non da ultimo «all’imposizione di un marchio necessario per vendere e comprare (ricorda qualcosa?)» con «l’oppressione dei più ricattabili (terzo peccato che grida vendetta a Dio)», ebbene, «tutto ciò è solo una questione medica». Ma «allora anche le persecuzioni razziali», prosegue provocatoriamente il Pedante, «sono solo una questione genetica, l’aborto una questione di salute riproduttiva, la fornicazione di benessere affettivo, l’interdizione delle sante messe di igiene e, per non farsi mancar nulla, le privazioni prossime venture in nome delle idee green di fisica dell’atmosfera. Il mascheramento di ogni cosa, e specialmente delle cose spirituali e morali sotto le etichette neutre della “razionalità scientifica”», conclude, «è la cifra inconfondibile della modernità».


Il mascheramento, lo stiamo iniziando a capire, è necessitato oggi come non mai dalla «violenza tracotante, idolatrica e persecutoria» che si sta infliggendo a miliardi di persone e che, ovviamente, non può essere presentata in quanto tale; il procedere mascherato e stregato lavora sempre nel senso di una scristianizzazione che, «come aveva già intuito Robespierre, è tanto più trionfante quanto più si nega allo scontro diretto con Cristo e lavora in disparte per spodestarlo coi surrogati del progresso sociale, del relativismo e, appunto, della scienza», sostituendo l'Instaurare omnia in Christo di San Pio X con il progetto satanico e «babelico della fraternité universale».


Possiamo ben dire allora con René Girard che il linguaggio in uso nel “discorso pubblico” della politica, dei media, e più in generale delle istituzioni, purtroppo anche religiose, è un linguaggio mitico, ossia di copertura e dissimulazione della violenza dei processi sacrificali in atto (è un quotidiano fiorire di capri espiatori) protèsi alla rivoluzione finale del great reset, ossia al “riassetto” di un mondo alla rovescia, senza Dio e senza l'uomo a sua immagine, ossia libero.


«Se, strappando la maschera alla rivoluzione, le chiedete: “Chi sei tu?”», si domandava Monsignor Jean Joseph Gaume, «Ella vi dirà: [...] Io sono l'odio di ogni ordine religioso e sociale che l'uomo non ha stabilito e nel quale esso non è re e Dio tutt'insieme: io sono la proclamazione dei diritti dell'uomo contro i diritti di Dio [...] sono la fondazione dello stato religioso e sociale sulla volontà dell'uomo in luogo della volontà di Dio; in una parola, io sono l'anarchia; perché io sono Dio spodestato, surrogato dall'uomo. Ecco il motivo per cui mi chiamo Rivoluzione, cioè sconvolgimento, perché io colloco in alto chi, secondo le leggi eterne, dovrebbe stare in basso; e metto al basso chi dovrebbe stare in alto». Ecco perché resto cattolico, contro-rivoluzionario, anti-cartesiano e complottista.


 

(1) I meditazione metafisica: «Io penserò che il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non siano che illusioni e inganni [...] Considererò me stesso come privo affatto di mani, di occhi, di carne, di sangue, come non avente alcun senso, pur credendo falsamente tutte queste cose [...] Baderò accuratamente a non accogliere alcuna falsità, e preparerò così bene il mio spirito a tutte le astuzie di questo grande ingannatore, che, per potente ed astuto ch'egli sia, non mi potrà mi imporre nulla»


(2) « ...agire con quanta più ferma risolutezza possibile e seguire le opinioni più dubbie come se fossero state certissime. Mi attenevo in questo all'esempio dei viandanti che, smarriti in una foresta, non devono andare in giro errabondi ora in una direzione ora in un'altra, o peggio che mai fermarsi da qualche parte, ma devono andare sempre nello stesso senso seguendo un cammino quanto più è possibile diritto, non scostandosene mai per futili motivi anche se all’inizio solo il caso avesse determinato la scelta»









È facile vedere le colpe degli altri e non le proprie [...] consideriamo il racconto del rinnegamento e immediato pentimento di Pietro, durante il processo di Gesù:


“Alla serva che fissandolo disse: «Anche questi era con lui», Pietro negò dicendo: «Donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei di loro!». Ma Pietro rispose: «No, non lo sono!». Passata circa un'ora, un altro insisteva: «In verità, anche questo era con lui; è anche lui un Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente”.

Commenta Sant'Ambrogio: "Non leggo nel Vangelo che cosa disse Pietro, trovo soltanto che pianse. Leggo che pianse, non leggo che abbia cercato di scusarsi: ciò che non può essere difeso, può essere purificato. Le lacrime confessano la colpa senza tremare, le lacrime confessano il peccato senza offendere il pudore, le lacrime non domandano il perdono e l'ottengono. Capisco perché Pietro non parla: è per non accrescere la gravità della colpa esigendo troppo presto il perdono. Prima bisogna piangere, e ciò equivale a dire che prima bisogna pregare. Buone sono le lacrime che lavano la colpa. Piangono coloro che Gesù guarda. Pietro ha negato una prima volta, e non ha pianto, perché il Signore non lo aveva guardato. Ha negato una seconda, e di nuovo non ha pianto, perché ancora il Signore non aveva rivolto lo sguardo verso di lui. Nega una terza volta: Gesù lo guarda, ed egli pianse amaramente (cfr. Lc 22,61-62). Guardaci Signore Gesù, affinché noi sappiamo piangere i nostri peccati" (Commento al Vangelo di Luca, X, 86)


(Anna Maria Canopi, La Santa Messa)

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