
In occasione del 78° anniversario dell'apparizione delle Tre Fontane (il 12 aprile 1947) riproponiamo alcuni passi del veggente (ed ex persecutore convertito) Bruno Cornacchiola dal libro di Saverio Gaeta “Il Veggente. Il segreto delle Tre Fontane”. Alla domanda: “Perché proprio a me?”, rivolta tre decenni più tardi dal Cornacchiola alla SS. Vergine, l'uomo si sentì rispondere: “È l’onniscienza di Dio uno e trino che mi indicò il peggiore dei peggiori dei peccatori e il più indegno davanti a Dio e agli uomini. È la misericordia che mi ha inviato a te, scelto tra i peggiori che tu superavi; ora devi superare i migliori perché i peggiori si convertano a Dio e il mezzo sei tu, pieno di ignoranza e incapacità”.
Cornacchiola risalì rapidamente verso la grotta e là davanti, sul lato sinistro, vide il bambino inginocchiato con le mani giunte e gli occhi fissi nel buio, mentre ripeteva meccanicamente, in estasi: «Bella Signora, Bella Signora...» (Esattamente allo stesso modo avevano descritto la Madonna i ragazzi veggenti di La Salette nel 1846, Bernadette Soubirous a Lourdes nel 1858 e i tre pastorelli di Fatima nel 1917. E per giunta, Gianfranco raccontò in seguito che la Bella Signora lo aveva preso per mano mentre era seduto sotto l’albero e lo aveva condotto verso la grotta.) Come era prevedibile, Cornacchiola si arrabbiò perché il piccolo stava imitando la preghiera cattolica, laddove gli avventisti pregano in piedi e senza unire le mani. Disse a Isola: «Non voglio che giocate alla ‘Bella Signora’» ma lei replicò di non conoscere un simile gioco. «Detto questo, la bambina fa per allontanarsi, si ferma, si volta verso la grotta e lascia cadere il mazzolino di fiori. Si inginocchia alla destra di Gianfranco, unisce le mani in atteggiamento orante e fissa un punto della grotta ripetendo anche lei ‘Bella Signora’. Penso allora che hanno deciso di prendermi in giro, do un leggero scappellotto a Carlo e gli dico di andare a giocare anche lui. Mi risponde stizzito: ‘Papà, questo gioco io non lo so fare’. Ha appena terminato la frase, che si ferma. Non ha fatto due metri, che si gira anche lui, avanza verso la grotta, s’inginocchia alla destra di Isola e comincia a ripetere con i fratellini ‘Bella Signora...’ Sembrava che avessero ingoiato un disco di grammofono, ripetendo sempre la stessa parola in continuazione».
L’ira di Cornacchiola giunse al culmine. Si avvicinò a Carlo, il più a portata di mano, lo prese sotto le ascelle e con un’imprecazione cercò di sollevarlo: ma il bambino era diventato pesantissimo, come un blocco di pietra conficcato nel terreno. La medesima cosa accadde con Isola e con Gianfranco:
«Bianchissimi, quasi trasparenti, le pupille dilatate e lo sguardo fisso. Impossibile spostarli di un solo millimetro. Guardo nella grotta. Penso: ‘Forse era una tana di streghe? Oppure c’è il diavolo? O qualche prete che ci fa uno scherzo per metterci paura?’ Entro e con i pugni chiusi grido: ‘Ma chi c’è qui dentro? Su, esci, vieni fuori’. Ma la grotta è buia, vuota, non c’è nessuno. Più cercavo e più la paura mi invadeva. Esco fuori e i bambini sono sempre nella stessa posizione. Li chiamo piangendo:
‘Isola, Carlo, Gianfranco, belli di papà, su alzatevi!’ Ormai lo spavento mi stava paralizzando. Nel mio subcosciente dicevo: ‘Speriamo che sto sognando’».
Dal cuore gli scaturì, improvvisa, un’invocazione: «Dio, salvaci tu». Si mise a correre da una parte all’altra, in cerca di aiuto, poi si fermò e scoppiò in lacrime, con le mani nei capelli.
«Vedo venire da dentro la grotta due mani bianchissime in direzione dei miei occhi. Le dita si accostano lentamente, ma inesorabilmente, mi toccano gli occhi e sento che qualcosa mi viene strappato, come delle croste che cadono. Anch’io, come i miei figli, sono inginocchiato e con le mani giunte; ed entra dentro di me una vera pace, una tranquillità, una gioia indescrivibile, mai provata. I bambini li sentivo ancora, ma come una cosa lontana, una fioca eco. Ecco che un velo mi si apre davanti, un sipario trasparente che si va man mano aprendo. Poi vedo, da dentro il buio della grotta, una piccola luce che si va sempre più ingrandendo. È sempre più forte, come se il sole, mille soli, sfolgoranti d’intensa luce, fossero entrati nella grotta, facendo scomparire tutto. E io mi sento leggero, libero dal peso della carne e avvolto in una luce che non è quella che noi uomini conosciamo. In mezzo a questa luce soprannaturale vedo un masso di tufo. Sollevata in aria, sopra quel masso, vedo, con stupore ed emozione che appena si possono sopportare, una figura di Donna di paradiso.
Il colorito del viso è bruno chiaro, tipo orientale. Poggiato sulla testa ha un manto verde, come il colore dell’erba dei prati a primavera. Il manto le scende lungo i fianchi sino ai piedi nudi. Da sotto il manto verde si intravedono i capelli neri con la scriminatura al centro. Ha un vestito bianchissimo e lungo, con maniche larghe, chiuso al collo. I fianchi sono cinti da una fascia rosa, con due lembi che le scendono a destra, all’altezza del ginocchio. Ha l’apparente età di una giovane di venti/venticinque anni e l’altezza di un metro e sessantacinque». /Nel diario, in data 5 giugno 1973, Bruno annotò: «I tre colori della nostra Madre non sono colori d’una bandiera, ma simboleggiano le tre Persone divine in un solo Dio amore. Il verde è il Padre creatore che con bontà ci donò la vita e ciò di cui la vita ha bisogno per continuare; il bianco è il Figlio che ci ridiede la vita che perdemmo nell’Eden per mezzo della sua morte e ci donò la grazia mediante il battesimo; il rosa è lo Spirito Santo che ci dona la creazione del Padre e la grazia del Figlio nell’unione d’amore e di vita». L’11 agosto 1966 aveva sognato un dialogo fra le Persone della Trinità: «Vedevo il Padre, uguale al Figlio e allo Spirito Santo, perché dicevo al primo: ‘Chi è il Padre?’ ‘Sono io’ rispondevano in coro, poi ‘e il Maggiore è lui’, mi indicavano gli altri due l’uno. ‘Chi è il Figlio?’ ‘Sono io’, il coro rispondeva, ‘ma il Cristo è lui’, indicando gli altri due l’uno. ‘Allora tu sei lo Spirito Santo’ indicando l’altro: ‘Noi siamo!’ dissero in coro tutti. Solo dai colori potevi distinguerli: il verde-Creatore, il bianco-Salvatore, il rosa-Santificatore» /.
La ‘Bella Signora’ teneva nella mano destra, all’altezza del petto, un libro dalla copertina color cenere, mentre con la sinistra indicava verso i suoi piedi, dove c’erano un drappo nero simile a una tonaca aggrovigliato in terra e pezzi di un crocifisso, il medesimo che Cornacchiola aveva frantumato in casa al rientro dalla Spagna nel 1939, ammucchiati di lato. Poi coprì con la sinistra la mano che teneva il libro e iniziò a parlare. Parlò per circa un’ora, fra le 16 e le 17: «Mi dice tante cose, che incominciano con ‘Sono’ e finiscono con ‘Amore’». Durante il discorso ella «si mostrò al principio come una mamma che rimprovera amorevolmente il proprio figlio; per tutto il resto della visione il suo viso era atteggiato a un sorriso piuttosto mesto». Terminato di parlare, la Vergine della Rivelazione – così la ‘Bella Signora’ si era presentata – rivolse un ultimo sguardo e un sorriso materno ai quattro veggenti, indietreggiò, si inchinò leggermente verso di loro, quindi si girò alla sua sinistra e si allontanò in direzione di San Pietro. Alla fine dell’apparizione, Bruno si sentì ritornare alla realtà e contemporaneamente vide Carlo che correva verso il fondo della grotta gridando: «Papà, ancora se vede er vestito verde, adesso lo piglio». Il bambino corse con le braccia tese in avanti, urtò contro la parete, poi tornò indietro piangendo: «Se n’è annata e io me so’ fatto male alla mano. Guarda!» Bruno chiese se fosse stato un sogno, ma Isola disse di averla vista anche lei, la ‘Bella Signora’; e Gianfranco aggiunse: «E pure io. Masticava la gomma americana e faceva il compito» (così il più piccolo aveva interpretato il movimento delle labbra della donna – poiché i tre bambini non avevano udito nulla del suo discorso – e il libro che teneva in mano!).
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Gli agenti del commissariato di San Paolo eseguirono un sopralluogo e sequestrarono un foglietto di carta, che Cornacchiola aveva attaccato il 23 maggio con un chiodo alla parete d’ingresso della grotta. Il testo vibra tuttora delle emozioni provate dal veggente:
«In questa grotta, con i bimbi, mi è apparsa, il 12 aprile 1947, la Madre divina, rimproverandomi perché la perseguitavo, essendomi fatto nemico di Dio, militando nelle sette protestanti. Mi invita amorosamente a rientrare nella Chiesa cattolica, apostolica, romana, promettendo benedizioni e guarigioni a tutti coloro che con fede entrano o si aspergono di questa terra benedetta, e pregare molto per l’incredulità. Amatevi – disse – e noi amiamoci sempre per il bene di tutto il mondo. Cornacchiola Bruno».
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il 7 novembre 1979, mentre era in preghiera davanti alla grotta, Bruno la vide per la ventitreesima volta e si sentì innanzitutto spiegare «in che cosa consiste la conversione e come poterla mantenere: vivere in umiltà, essere sottoposto all’ubbidienza e conoscere per vivere la verità, avere pazienza nelle persecuzioni e umiliazioni, vivere la fede e dare il buon esempio in tutto». Poi la Madonna gli disse: «Il 12 aprile dell’anno che viene, 1980, è il trentatreesimo anniversario della mia venuta in questa grotta ed è lo stesso giorno sabato in Albis del 1947: in tale occasione e in un modo tutto speciale, prometto molte potenti grazie materiali e spirituali, nello spirito e nel corpo, a chi con fede e amore me le chiede. Per quel giorno io farò un gran portento nel sole, per richiamare gli increduli alla viva fede. Tu taci, non parlare: non dire nulla». [...] Giunse il giorno. La folla convenuta alla grotta era davvero tanta. In attesa della Messa, Cornacchiola guidò la recita del rosario, rivolse alcuni pensieri spirituali ai presenti e testimoniò degli avvenimenti del 1947. Il sole gli illuminava il viso:
«Lo vedo che stava sopra la cima degli alberi, brillante e maestoso come non mai! Dopo circa un’ora e venti minuti (dalle 15.20 alle 16.40), notavo che il sole, dal punto prima descritto, non si era spostato: era sempre lì, sopra la cima degli alberi, davanti a me». Ma poi la descrizione si fece più concitata: «Vedo il sole che si sdoppia, restando fermo al suo posto quello che avevo visto da principio; l’altro sole va sopra la grotta e la illumina tutta, in direzione della croce – anch’essa tutta illuminata, senza elettricità – e vedo il sole che inizia a girare come un carosello, avanzando e indietreggiando: era vivo e denso, sembrava acqua che ribolliva, come una fornace che squaglia l’acciaio. La sua luce era talmente forte che rimanda il mio pensiero alla luce che vidi dentro la grotta quando mi apparve la prima volta la Vergine della Rivelazione sopra un grosso masso di tufo. Distinti vedevo i tre colori che emanavano dal sole: verde al di fuori, rosa dentro e, al centro, bianco: il tutto vertiginosamente girava, girava. Resto in silenzioso raccoglimento; poi vedo il sole che, da sopra la cima degli alberi, si unisce all’altro sole sopra la grotta».
Intorno alle 17 cominciò la Messa e verso le 17.50 il momento della consacrazione: «Si sente un boato, come di terremoto; faccio gridare: ‘Evviva Maria’ per tre volte». Quindi, all’interno della grotta, la statua apparve come infuocata; qualcuno gridò che stava ardendo. Si sparse la voce dei giochi di luce nel cielo e tutti alzarono lo sguardo. Al Padre nostro la Messa venne momentaneamente interrotta e per una mezz’oretta, fino alle 18.20, tutti poterono assistere alla replica degli eventi di Fatima del 13 ottobre 1917. La relazione ufficiale inviata dal francescano Alfonso Zincarini al ministro generale dell’Ordine padre Vitale Bommarco, contiene una sintesi delle testimonianze scritte raccolte nei giorni successivi al prodigio:
«L’astro è sembrato muoversi per alcuni metri nel cielo verso la grotta e avvicinarsi alla Terra; lo si poteva vedere con assoluta tranquillità come una palla di fuoco roteante su se stessa vorticosamente, senza fastidi per gli occhi. Parendo più grande del normale, mostrava all’interno della sua corona cangiante in diversi colori (per i più verde, rosa e nero), come un magma incandescente in rapido movimento (in ebollizione) e tendente a formare figurazioni diverse, individuato variamente dai
testimoni: una croce, una M, un cuore contornato da stelle o grondante sangue, il monogramma di Cristo (IHS), due mani giunte, la Sacra Famiglia, la Vergine della Rivelazione... Alcuni asseriscono anche di aver visto la corona solare scomporsi e ricomporsi in tre cerchi di vario colore; altri di aver notato che, nonostante l’ostacolo dei numerosi alberi, il sole balzava chiaro ai loro occhi e illuminava di una calda e vivida luce, quasi fuoco, la cappella del convento (dove si conserva l’Eucaristia), le fronde degli alberi, i volti e gli abiti delle persone».
I faldoni con i resoconti di quanti erano presenti – e fra loro anche molti bambini, insieme con numerose autorità religiose, civili e militari – sono custoditi sia nell’archivio dei francescani, sia in quello della Sacri. Uguali testimonianze si sono avute anche in anni successivi, sempre il 12 aprile. In particolare: nel 1982, nel 1985, nel 1986 e nel 1987, per il quarantesimo anniversario.
(Gaeta Saverio, Il Veggente. Il segreto delle Tre Fontane, Salani 2016)